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Ashik Kerib - Storia di un ashug innamorato

Regia di Sergej Paradzanov, Dodo Abashidze vedi scheda film

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La recensione su Ashik Kerib - Storia di un ashug innamorato

di steno79
8 stelle

Ultimo film di Sergej Paradjanov, anche questo co-diretto da Dodo Abashidze (come il precedente "La leggenda della fortezza di Suram") "Ashik Kerib" é un film che conferma la sua idea di cinema visionario e fuori dagli schemi, cinema antinarrativo, pittorico, molto lontano dai canoni del realismo socialista e dagli stilemi del cinema d'autore europeo. Il pretesto per questa singolare esperienza visiva é la storia di un menestrello dell'Armenia nei secoli scorsi che si innamora della bella Magul, figlia di un ricco mercante che non acconsente alle nozze, e deve abbandonarla per un lungo periodo in cui vivrà disavventure assortite, fino ad un lieto fine tutto sommato prevedibile. Paradjanov resta fedele allo stile di "Sayat Nova" creando ampi quadri animati dove spesso domina la musica e talvolta anche la coreografia, colmi di riferimenti pittorici e con alcuni simbolismi non sempre molto chiari per lo spettatore occidentale, anche se nel complesso il risultato è meno criptico e oscuro del film del 1969 considerato solitamente il suo capolavoro. La profondità di campo è essenziale nella costruzione spaziale dell'inquadratura, così come lo sono la fotografia con i suoi ricercati effetti di illuminazione, la scenografia stilizzata e i costumi, mentre la recitazione é ridotta all'essenziale, con gli attori che in alcune scene pronunciano le battute in maniera asincrona rispetto al movimento delle labbra. Il regista ci immerge in un mondo distante, in una cultura a noi sconosciuta con un'invidiabile padronanza dei propri mezzi, con uno stile estremamente teatrale che non ha quasi mai pretese di realismo, e che spesso si diverte a mettere in mostra il proprio artificio. Apprezzabile per la sapienza artigianale dei trucchi e delle trovate, il film non manca di qualche episodio un po' farraginoso, ma nel complesso si giova della breve durata di 73 minuti e mette a frutto anche i numerosi momenti dedicati alla danza, quasi ci trovassimo in un musical surreale e delirante. Un gradino sotto rispetto al "Colore del melograno" ma comunque godibile e unico; la copia trasmessa anni fa su Fuori Orario é commentata dalla voce di un narratore esterno, una specie di Benshi che forse traduce in russo i dialoghi in georgiano, ma che ho trovato comunque generasse una certa confusione nelle battute, tradotte in maniera approssimativa dai sottotitoli. Dedicato alla memoria di Tarkovsky. 

Voto 8/10

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