Regia di Jeff Renfroe vedi scheda film
Quando, nel silenzio generale, arriva un b-movie (ovviamente direttamente in home video) che mescola fantascienza-post catastrofico ed horror, un cinefilo con un po’ di esperienza viene subito accalappiato.
Allo stesso tempo però si fa anche la bocca buona e sentirsi, almeno in parte, tradito crea un pizzico di inevitabile delusione.
Anno 2045, la Terra è sommersa dal ghiaccio ed i pochi superstiti sopravvivono in colonie sotterranee con regole rigidissime.
Quando i membri della colonia 7 perdono i contatti con la numero 5, parte una missione per capire cosa sia successo e viene scoperta una realtà ben peggiore del gelo.
L’ultima resistenza dell’umanità è chiamata ad una lotta impari.
Premesse ottime, che resistono, e si trascinano, per un bel pezzo, non possono nascondere fino in fondo lacune che poco quagliano con la mancanza di mezzi da grande produzione.
Si viene subito catapultati in una atmosfera che al gelo dell’esterno contrappone la claustrofobia di interni stringenti, con il senno facile da perdere, individui saggi (personaggio di Laurence Fishburne) ed invasati pronti ad esplodere da un momento all’altro (personaggio di Bill Paxton).
Una descrizione d’insieme che funziona, nonostante dettagli troppo limitanti (stupido che uno starnuto provochi quarantena e poi una fuciliazione, sarebbero tutti morti in un lampo), ma l’evoluzione non tarda a manifestarsi, con un nuovo pericolo decisamente horrorifico.
In questo frangente funziona il primo impatto (fa realmente paura e giunge tutto d’un fiato), ma poi si va nella direzione di un action di fuga che punta più sul ritmo che sulla concezione dell’inseguimento, ed il resto è più roboante che altro.
Non può comunque non accendersi una speranza, ma il finale, decisamente spurio, vanifica il tutto, arriva con metodo tranciante, tanto che quasi non ci si vuole credere.
Quasi come se fossero finiti i dollari, un vero peccato (mortale) perché il film pesca bene da più direzioni, in primis “La cosa” (1982) e “30 giorni di buio” (2007), ma poi non ha quell’intelligenza di dare una chiusura evocativa di mille sensazioni (qui si va sul diretto andante).
Questo nonostante Laurence Fishburne e Bill Paxton siano calzanti nei rispettivi ruoli (il primo ha quella saggezza stile “Matrix” (1999), il secondo sa cosa sia la pazzia “Frailty”(2001)).
Bastava davvero poco per elevarsi, un gran peccato (per quanto poi non tutto vada proprio a rotoli).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta