Regia di Sonny Laguna vedi scheda film
Horror indipendente svedese che rimescola nei cliché dello slasher con sfondo alla home invasion. Nonostante gli evidenti limiti dovuti ad un budget risicato, figura nella media dei più costosi prodotti di genere che battono bandiera a stelle e strisce.
Durante la rigida stagione invernale, per ritrovare l'ispirazione artistica, la musicista Winona (Hanna Oldenburg) decide di isolarsi in una baita lontana dal centro abitato. La prima sera, turbata da strani rumori e dall'inquietante ambientazione, decide di uscire. In auto raggiunge un locale in cui incontra Richard (Patrick Saxe), suo ex fidanzato, in compagnia degli amici Liz e Carl. Per non restare sola, Winona invita i ragazzi che, date le avverse condizioni climatiche, decidono poi di sostare sino al mattino. A notte fonda un individuo munito d'accetta, e con il volto coperto, fa irruzione nella casa uccidendo in maniera violenta Liz, Carl e Richard. Winona solo all'alba, appena risvegliata, si rende conto della pericolosa situazione e tenta, disperatamente, di difendersi dagli assalti dell'assassino.
Dopo un cortometraggio e uno straight to video (Madness), il ventisettenne (all'epoca) Sonny Laguna, con la misera cifra di 5.000 dollari, tenta di avventurarsi nel difficile sentiero cinematografico, realizzando questa piccola produzione svedese ch'è una esatta via di mezzo tra lo slasher e l'home invasion, non priva però di quattro o cinque momenti splatter molto efficaci per risultato. Blood runs cold non è da disprezzare completamente nonostante la prevedibilità sia qui di casa, il soggetto privo di approfondimento (non c'è spiegazione sul perché il mostruoso assassino sia tale e perché viva in un sotterraneo adiacente alla baita) e la distribuzione della tensione sia completamente sballata (per trenta minuti non accade nulla, poi nei successivi cinque vengono uccisi i tre amici di Winona).
A rendere vedibile il film, oltre ad una regia dinamica e mai stagnante, sono le belle location innevate (è stato girato a Stoccolma) che fanno da contorno alla baita ormai trasformatasi in trappola. Il film in sé, considerato il contesto, è un piccolo saggio di bravura ed infatti -anche in forza dei seguenti Wither (2012) e Animalistic (2015)- apre la strada alla via americana per il regista, in seguito chiamato dal produttore Charles Band alla direzione dell'ennesimo capitolo di Pupper Master. Capitolo -The littlest Reich- che si aggiudica, partecipando a svariati festival, due premi (uno è per lo score musicale del nostro Fabio Frizzi) e diverse nominations.
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