Regia di Andrea Di Stefano vedi scheda film
Escobar: Paradise Lost – La Recessione.
Ovvero: la vera finta storia di “quello” che si morosava la cugina di Zio Pablo.
Quando ho letto le prime righe della trama di questo film sono rimasto un pochino perplesso: protagonisti Josh Hutcherson e Benicio Del Toro nei panni di Pablo Escobar. Come sarebbe a dire, Josh Hutcherson e Benicio? Caso mai il contrario: Benicio e, come spalla, coprotagonista, secondo o altro attore, chiamatelo come volete, Josh Hutcherson. Invece non è proprio così.
Il film non parla prettamente di Pablo Escobar, signore della droga colombiana degli 80's, come ci si aspetterebbe dal titolo; la storia si focalizza sul povero coglione che si morosava la cugina. Sì, avete letto bene: il protagonista è Josh Hutcherson e questa pellicola parla del suo rapporto con la morosa colombiana e di conseguenza anche delle interazioni che ha intrapreso con il famoso Zio Pablo.
Questa non vi sembra una buona prefazione per un film di merda? Solo conoscendo le nozioni sopra citate bisognerebbe evitare questa pellicola, invece lo staff della Recessione, amante del sadomasochismo spinto, si è dedicato alla visione di tutta questa merdicola.
Hutcherson, dopo essersi trasferito con fratello hippie/coglione in Colombia per fare il surfista e la vita da paraculo fancazzista sulla spiaggia, si innamora della nipote di Pablo e per tutto il film sfoggia il suo sguardo da perdente con un neurone smarrito nella scatola cranica, che abbiamo già ampiamente visto in Hunger Games. Il personaggio di Josh è uno dei peggio delineati della storia dei film: non si sa niente di lui e, a parte la parentela con il fratello amante del surf, non ci viene svelato assolutamente niente per renderlo più empatico nei confronti del pubblico; un personaggio vuoto, stupido, inutile come i suoi sguardi da coniglietto pre-macellazione.Probabilmente il regista voleva mostrare una storia d'amore sullo sfondo di uno dei periodi più oscuri della Colombia, il tutto atto a mostrare il dittatore/narcotrafficante sotto una luce diversa; magari voleva far vedere il lato più vicino al popolo in contrapposizione a lato più spietato di Pablo. Il risultato che abbiamo è un susseguirsi di scene dove il perdente di turno (Josh) si trova invischiato marginalmente nella politica di Zio Pablo e, pur vedendo con i suoi occhi che le faccende in cui si è invischiato sono più grosse lui e che non è grado di gestirle, continua iperterrito sulla sua strada. Possiamo intuire che Josh si comporti così in nome dell'amore verso la nipotina dello Zio, ma il film è talmente sceneggiato di merda che è un fatto che possiamo solo intuire, perchè i rapporti che hanno i due si limitano a discorsi da coppietta di 14enni e poco più.In tutto questo, Benicio Del Toro viene sfruttato solo marginalmente, come se non si potessero permettere di farlo recitare; mi sono chiesto: ”cazzo, ha il contratto con le battute limitate?” Una cosa del tipo, sì, recito, ma non dico più di 100 parole.
Del Toro riesce per fortuna a delineare abbastanza bene il personaggio di Escobar, anche perché è un attore a cui “basta lo sguardo” per dare spessore ad una interpretazione.
In conclusione: perchè una produzione Francese/Spagnola deve fare un film su Pablo Escobar dando in mano la regia ad un esordiente come Andrea Di Stefano? È come se una produzione russo/cinese producesse un film su Totò Reina scegliendo come regista un Autraliano.Di questa merda di film si salva giusto l'interpretazione di Del Toro, mentre per il resto non riesce a far trasparire per un cazzo quello che è stato il periodo di terrore del “regno” di Escobar, né tanto meno la percezione distorta che ne aveva la popolazione di lui, un misto tra santo e tiranno; ci mostra solo un mucchio di leggende di seconda mano messe insieme per creare una merdata inverosimile.
#larecessione
per insulti anche non costruttivi.
La Recessione
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