Regia di Germano Maccioni vedi scheda film
Documentario autobiografico: Giovanni Lindo Ferretti, ex punk e ora cristiano fervente, racconta la sua vita.
Personaggio di spicco negli anni '80, simbolo della controcultura punk, Giovanni Lindo Ferretti si è reincarnato più e più volte: dai CCCP, la sua prima band, quella che gli ha garantito uno zoccolo duro di fans/adepti, ai più moderati CSI, al pop dei PGR e infine alla carriera solista, sempre e solo fedele alla linea: sì, ma alla linea di pensiero di Giovanni Lindo Ferretti, uomo zeppo di contraddizioni e di controsensi, capace di suscitare amore oppure odio - e a volte entrambi contemporaneamente. Lui stesso si racconta a Germano Maccioni, già regista di qualche documentario (fra cui My main man, sul jazz bolognese, del 2009), dal suo podere di montagna nell'entroterra emiliano, dove alleva cavalli, che per Ferretti sono qualcosa di più che una passione, quasi una ragione di vita. Tagliando corto e minimizzando i primi anni della carriera artistica (cioè quelli che più interessano al pubblico, manco a dirlo), il protagonista-narratore sciorina aneddoti divertenti e/o interessanti fra un'infanzia al collegio delle suore (e l'incontro con il mago Zurlì!), il viaggio-rivelazione in Mongolia, il rapporto sofferto con la madre e quello mai avuto con un padre morto giovane; nel finale c'è anche uno sbalorditivo accenno al tumore ai polmoni cui il cantante è sopravvissuto all'inizio del Duemila: un miracolo a tutti gli effetti, ma per Ferretti una cosa naturalissima e affrontata con la massima serenità. Conoscendolo, c'è da credergli: la spontaneità con cui parla di vita e di morte non lascia alcun dubbio sul suo raggiunto - forse mai mancante? - equilibrio. 6/10.
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