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Fedele alla linea

Regia di Germano Maccioni vedi scheda film

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La recensione su Fedele alla linea

di barabbovich
4 stelle

Non mi è mai piaciuto il punk né ho mai capito perché gruppi come CCCP e CSI potessero piacere tanto anche a persone che considero intellettualmente e culturalmente evolute. Così ho deciso di vedere questo documentario ad altissimo tasso agiografico, dedicato al frontman e guru dei sunnominati complessi. E ci ho capito ancora meno. Già, perché, malattia più, malattia meno, la vicenda personale e artistica di questo cantante con un'estensione vocale da mezza ottava è di un grigiore sconfortante. Nato e cresciuto nell'Emilia rurale, diventato orfano di padre prima ancora di venire alla luce, il piccolo Giovanni finì assai presto in un collegio di suore nel quale, riferisce con insopportabile sussiego, "per cinque anni sono stato l'unico ragazzino a non avere mai giocato a pallone". Poi l'avventura allo Zecchino d'oro terminata in una bolla di sapone e una lunga seria di malattie cominciata con una peritonite e arrivata a un tumore. In mezzo, la politica con Lotta Continua (il documentario non lo dice, ma Lindo Ferretti è uno dei tanti voltagabbana - come Giuliano Ferrara, Paolo Liguori e Gianfranco Miccichè - transitati da sinistra a destra con assoluta nonchalance), i concerti con i suoi gruppi, l'esperienza berlinese e pochissimo altro. Il documentario di Germano Maccioni sembra soltanto un interminabile spot a beneficio della Corte Transumante di Nasseta, l'azienda di allevamento equino che rappresenta la nuova vita di questo ex musicista inconsistente ma con la vocazione irrefrenabile a pontificare su qualsiasi cosa con un insopportabile atteggiamento da santone.

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