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Noah

Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film

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Enrique

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Noah

di Enrique
4 stelle

Non rientrava fra le mia aspettative la visione di un nuovo kolossal biblico.
Da tanti mesi, però, aspettavo trepidamente proprio il Noah di Aronofsky.
Uno dei 3 blockbuster (da me) più attesi dell’anno (oltre ad Interstellar e Lo Hobbit 3).
Il primo (e speriamo anche l’unico) fallimento.


Buio, in sala, ed ancora avevo negli occhi il furore visivo del trailer che mi ossessionava. Che mi induceva a pretendere il massimo. Ma quale “massimo” ho ottenuto? Il massimo di Aronofsky, ovviamente.

http://www.patrickfogli.com/blog/wp-content/uploads/2014/04/Screen_Shot_2013-11-14_at_12.25.01_PM_large_verge_medium_landscape.png


Tanta (troppa) fantasia, libera interpretazione e un po’ di afflato epico (che non guasta mai). Ed il pastrocchio è servito.
Una povera e piatta sceneggiatura prova a costruire il dramma dell’uomo (Noè, combattuto fra la durezza dell’ordine divino e la sua fragilità come uomo), di uno dei suoi figli (che, ahimè, deve rinunciare all’anima gemella) e dell’umanità intera (divisa fra vittime e carnefici, senza mezze misure). Tenta di elaborare un reticolo di frustrazioni e tensioni verso un destino ignoto, ancora tutto da scrivere. Tenta di coagulare il leggendario passato (la vita nell’Eden), il punto di rottura (la tentazione, la mela e la mano omicida alto levata) e la diaspora nel mondo (della progenie di Caino e di Seth) attorno ad una meccanico refrain di rapide (ma eloquenti) istantanee, sufficienti a dire tutto (e dire niente). 

http://3.bp.blogspot.com/-VKFoAyQHdKs/U2pRIeFljiI/AAAAAAAABtM/P_-UPtZvsAE/s1600/Noah-2.png


Ma il canale di comunicazione fra Dio e Noè è quanto più diafano possibile. Forse solo sussurrato. Le immagini, di certo, dicono molto poco al riguardo. E quel che si vede, è un autentico tradimento. Come quando il kitch ed il grottesco (involontario?) irrompono brutalmente sottoforma dei c.d. “Vigilant… es” (i giganti, nella Bibbia). Mentre, infatti, della presenza di Dio non vi è traccia (sul serio), c’è, piuttosto, quella di reiette creature angeliche, trasformate in prodotti fantasy da grindhouse. Creature che sembrano provenire direttamente dal mondo di Arda (frutto della fantasia di Tolkien), dato che appaiono un incrocio fra i giganti di cui si narra ne Lo Hobbit e gli Ent della foresta di Fangorn), ma più goffi e ridicoli, visto il contesto.
Non è un caso che nel trailer non ve ne sia traccia alcuna. 

http://scarletboulevard.files.wordpress.com/2014/04/noahwatchers.jpg?w=908
E molta traccia c’è anche degli uomini e delle loro premonizioni; della loro pretesa vanagloria e delle loro turbe (che mai, nondimeno, trapelano - ne potrebbero farlo - degli sguardi vuoti e inespressivi dei protagonisti; men che meno da quello del “Matusa” - è proprio il caso di dirlo - di turno: A.Hopkins).

http://imageserver.moviepilot.com/lamech-noah-s-russell-crowe-says-that-banning-was-to-be-expected.jpeg?width=639&height=356


Ma l’eccesso in cui si perde la scrittura (anche) di Aronofsky non si ferma qui. La sottotrama sentimentale (in teoria, per una volta, indefettibile - atteso che è in gioco il futuro dell’umanità - benchè, poi, si legga che la Genesi rendeva soddisfazione a ciascuno dei figli maschi di Noè) appassiona come una sfida di "curling".


Ciò che, tuttavia, mette conto rilevare è che qui non si discute del livello di fedeltà alle scritture bibliche (d’altronde le pagine dedicate al racconto del diluvio sono relativamente poche - ma, comunque, non scevre di interessanti dettagli - per pensare di trattenere i confini della flusso narrativo entro quei rigidi binari).

Si discute, piuttosto, di una visione manichea lunga 2 insostenibili ore e di un altro quarto d’ora di timido, incompiuto abbozzo di riappacificazione. Si discute del passo lento, pesante e imbolsito con cui procede la descrizione delle gesta dell’impresa. Del perché delle domande inevase (come per il caso della sorte di Cam). Del difetto di una visione più ampia che trascenda le barriere degli steccati ideologici eretti da Noè (da un lato) e da un certo Tubal-cain (dall’altro). Dell’effimero impatto che ha l’immaginazione (evocata dalle slavate parole di Noè) di fronte all’asprezza della nuda realtà (dalla rappresentazione povera e deludente). Del repentino cambio d’umore di Noè, che, all’ultimo, si spoglia del suo cieco fanatismo (messaggio subliminale?), salvo provocare altri disagi, altri turbamenti (Noè stesso scopre pregi e difetti dello “spirito”, mentre il figliolo più irrequieto si rassegna ad una vita di forzato celibato; lacrimuccia).

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(Ma soprattutto si discute) del tentativo di calare un’impostazione di pensiero soggettiva ed attuale entro uno stampino, tuttavia, antico come il mondo e dalle dimensioni universali.
Così le frustrazioni dei protagonisti finiscono per trasferirsi a noi poveri spettatori, al cospetto di un’opera il cui valore di monito e la cui pretenziosa strada di redenzione risultano costellati di storture visive, passi falsi ideologici, imbarazzanti e stranianti licenze artistiche… 


In attesa di capire se, con questo film, Aronofsky abbia toccato il fondo (sembra che molto controverso sia stato anche The Fountain - L'albero della vita), posso già dire che dal regista di Requiem. for a dream, di The Wrestler e di Il cigno nero mi aspettavo qualcosa di molto diverso (e di migliore).

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