Regia di Domenico Costanzo vedi scheda film
Lorenzo ha 40 anni, lavora come magazziniere in una ditta gestita da Marco Zhang, imprenditore cinese a Firenze. Vive con la famiglia, nucleo sociale di tempi che furono: madre, padre, due sorelle (maggiorate), un fratello adolescente appassionato di telequiz. Il suo maître-à-penser è Cekke Lin, eroe di film d’arte marziale che da piccolo, come da adulto, continua a guardare in cinema sempre più vuoti. Nel frattempo un protettore importa sulle strade toscane prostitute cinesi. Una di queste, Song Lee, incontra Lorenzo. Entrambi, per innamorarsi, mentono su quello che sono. Comincia così la triste danza della commedia degli equivoci, con il passo sbilenco dell’avanspettacolo che si contiene nella maglia usurata della scrittura: la sceneggiatura è solo un canovaccio per stracche gag di quella commedia toscana che negli anni 90 fece furore e oggi mette solo irritante prurito, tra vernacolo e patetici giochi sugli stereotipi etnici, strappi di satira random (contro la società dello spettacolo) e freddure sporcaccione, peti a punteggiare il ritmo e un momento di montaggio alternato che cerca persino di fare umorismo meta. Paci, con la sua figura d’eterno bimbo ingenuo incapace di affrontare il mondo, s’appoggia alla sgarbata trivialità di un Ceccherini part-time in parodica versione shaolin, mentre le scene di combattimento agitano l’acqua stantia, per fondare un’ipotesi di commedia spaghetti kung-fu. Cinema regionale, tra lo scult e la miseria: fa quasi tenerezza.
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