Regia di Daniel Krige vedi scheda film
Che bello imbattersi così per caso, per curiosità e non senza titubanze - visto il numero ormai infinito di filmacci che caratterizzano un genere di culto come l'horror, ma proprio per questo approcciato spesso spavaldamente con troppa improvvisazione anche e solo per far soldi e scappare col malloppo - in un horror efficace e adrenalinico che riesce a tener desta l'attenzione dall'inizio alla fine con colpi di cena sadici e accattivanti che piaceranno agli amanti del genere. Nulla di nuovo sotto il sole, intendiamoci, ma anche il saper prendere qua e là situazioni pur viste e saperle amalgamare è un buon indice di carattere e stile per un genere che ormai ha già spaziamo molto o troppo per riuscire ancora a sorprendere con novità assolute. Incipit da delirio: una biondona entra decisa in ascensore: le porte si chiudono, poi si riaprono e a quel punto il viso di un'altra ragazza (mora stavolta) che si accinge ad entrare nel vano, si deforma in una smorfia d'orrore puro, visto che davanti a lei appare un uomo insanguinato armato di ascia, mentre la testa della bionda rotola fuori delle porte scorrevoli e un lago di sangue sprizzato ovunque disegna uno scenario da macelleria apocalittica che ben si intona al volto raggelato della involontaria testimone. Costei si ritrova al risveglio da un giustificato svenimento, legata assieme ad altri disgraziati, su un banco da riunioni: incatenati come animali, i personaggi sono tutti coloro che sono stati coinvolti nell'arresto dell'uomo con l'ascia, giudicato in fretta e furia colpevole e condannato all'ergastolo senza troppi pensieri. Una volta fuggito e dato per morto, costui ha organizzato il rapimento dei testimoni o responsabilidi quel processo affrettato per indurli, sotto torture atroci, ad impegnarsi per riaprire il caso e scagionarlo. In una corsa contro il tempo per evitare massacri inesorabili ad ogni errore od omissione, i prigionieri vengono decimati uno dopo l'altro ma cominciano a capire, assieme allo spettatore, che non tutto quadra in quel processo e qualcosa è stato posto in essere in modo frettoloso per risolvere il caso presto e senza strascichi e polemiche con l'informazione e l'opinione pubblica. Nulla di originalissimo, se qua e là si intravedono o riconoscono similitudini neanche tanto celate con i vari Engmisti o pure con quel bell'horror di pochi anni fa sul personale impiegatizio mandato in gita al massacro (chi se lo ricorda più il titolo!!!). Fatto sta che il prodottino, opera prima dell'australiano Daniel Krige (che appare pure tra le vittime del massacro annunciato) funziona piuttosto bene essendo in grado di regalare quelle emozioni anche primarie che ogni prodotto di genere dovrebbe almeno assicurare come minimo sindacale per garantirsi l'accettabilità. Qui il film si avvale anche di un protagonista eccellente (si chiama Nicholas Hope, ma di speranza ne lascia davvero poca agli sventurati costretti ad impegnarsi per scagionarlo) e riflette neanche tanto superficialmente sui confini tra l'essere "naturalmente" posseduto dal male assoluto e il diventare cattivo nel tentativo di volersi difendere da un'ingiustizia che ti ha costretto a indossare panni che nemmeno lontanamente avresti pensato di incarnare: anche correndo il rischio di divenire in tal modo nulla di meno folle o meno pericoloso e sanguinario del pazzo destino che ti ha portato a percorrere nel momento sbagliato il teatro di un orrendo omicidio. La cattiveria indotta supera qui la cattiveria innata: e la belva si coltiva in noi rendendoci più pericolosi e micidiali della cattiveria che ci portiamo originale dalla nascita.
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