Regia di Alessandro Di Robilant vedi scheda film
«Si alza, piglia una cosa, esce, piglia il guinzaglio, chiama il cane, poi torna, chatta, suona il sax, lo posa, se ne va al bar, ci sta, non ci sta, poi comincia a criticare, a insultare, c’è troppo olio, c’è troppo sale, a volte dorme troppo poco, a volte dorme tanto, piglia gli anabolizzanti, si fa le pappine, se le beve, e poi ride, insulta, non parla, si isola. E?poi fa peti tutto il giorno!». Questa è la descrizione di quel che Mauro c’ha da fare, agli occhi di mammà, nella piccola commedia sicula diretta da Di Robilant (Il giudice ragazzino), racconto di un disoccupato bi-laureato, costretto a far fronte alle spinte che lo vogliono allontanare dalla terra che ama, ma che, oltre a non offrirgli lavoro, è ammorbata da politici indolenti, nepotismo permanente, e via elencando tare d’Italia. Lui resta, chiuso in un solipsismo tra il donchisciottesco e il bamboccione di Padoa-Schioppa, e fronteggia i mali di casa in episodi che sanno di striscia comica a fumetti, tra eccentricità pseudo-morettiane scatologiche e grillismi d’occasione, tra i prima e i dopo dell’Italiano medio, ricorrendo a una comicità bassa che non sa mai di eversione, a una demenzialità poco graffiante e a una critica sociale all’acqua di rose. Fino a quando il destino gli offre un’occasione che non può rifiutare: la Sicilia, forse, non era un motivo d’esistenza. Sulla carta interessante, è pauperistico e incapace di coesione, una somma di barzellette a cui lo spettatore è chiamato a cercare un fine.
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