Regia di George Clooney vedi scheda film
"Questa missione non è mai stata designata al successo….Se fossero sinceri ce lo direbbero. Con tutta la gente che muore, chi se ne frega dell’arte…Ma invece sbagliano: è per questo che noi combattiamo. Per la cultura, per il nostro stile di vita. Puoi sterminare una generazione di persone, radere al suolo le loro case; troveranno comunque una via di ritorno. Ma se distruggi i loro conseguimenti e la loro storia, è come se essi non fossero mai esistiti, sarebbero solo ceneri che galleggiano”. Belle parole, d’effetto, che colpiscono la sensibilità dello spettatore, specie se europeo e dunque ben più addentro e partecipe, rispetto a quello americano, spesso qualunquista e facilone, della travagliata storia della nostra Europa nella prima metà del '900, dilaniata dalla follia nazista. Un pubblico che l'ha vissuta, quantomeno nei ricordi e nelle memorie di parenti e concittadini, e che vive in un contesto dove il patrimonio storico, magari trascurato, fa spesso parte della vita di tutti i giorni e non è solo relegato all'interno di un museo. Per questo un pubblico più in sintonia nel capacitarsi dell’immane lavoro portato avanti dalla benemerita squadra di cultori della perfezione artistica che ebbe il merito indiscusso di salvaguardare dalla distruzione alcune tra le maggiori e perfette opere della storia che l'uomo sia mai stato in grado di concepire. Peccato che George Clooney - fino ad ora quasi sempre regista serio ed impegnato, o quantomeno in grado di dosare con cautela leggerezza ed ironia in contesti storici o situazioni piuttosto definite e poco sfruttate al cinema - parta da uno spunto interessante e ricco di argomentazioni alte, drammatiche ma anche sublimi (la perfezione dell’arte nel passato, che allontana dall’uomo la mostruosità di cui è stato capace proprio in quei terrificanti momenti di guerra) per “buttarla in vacca”, radunando un’accozzaglia di personaggi, alcuni gettati nella mischia senza un minimo di criterio (vedasi il personaggio di Dujardin), spesso ridotti a banali macchiette che fanno dell'innato antimilitarismo (e maldestro atteggiamento davvero poco marziale) presente nei loro geni, una occasione per trasformarsi quasi nell’antitesi speculare delle Sturmtruppen di Bonvi. Peggio ancora quando il regista torna ai registri seri, infarcendo le singole vicende che convergono ad un unico stucchevole epicentro, di patriottismo spicciolo, fastidioso, inutile, o sentimentalismo facilone e triviale che si estrinseca ad esempio con bandiere a stelle e strisce apposte su gallerie fino a poco tempo prima utilizzate dai nazisti per trafugare e celare tesori, da distruggere eventualmente in caso di disfatta, e come ultimo sfregio alla storia dell’umanità. Per non parlare di personaggi stereotipati e poco delineati che annullano le potenzialità di attori altrove quasi sempre garanzia di soddisfazione (penso a Matt Damon, personaggio abbozzato velocemente, ma pure il sempre ed in varie accezioni “grandissimo” John Goodman ne risente moltissimo!), mentre Bill Murray appare inadatto, inebetito e completamente fuori ruolo, mentre l’unica donna coinvolta (l’altrove sempre interessante Cate Blanchett) è un epicentro di rigidità e accozzaglia di moine da zitella inacidita e legnosa che annulla la drammaticità di un ruolo in altri contesti da fare a pugni nel contenderselo. Non basta perdersi, con sguardo ammirato di riprese condite da emotività musicali sin eccessive, tra le pieghe dei tessuti che paiono soffici più del vero, scolpiti nella morbidezza marmorea più vera del reale, quella che comunica un capolavoro come la Madonna di Bruges di Michelangelo, per assicurarsi la riuscita di un’opera troppo furba per convincere qualcuno al di fuori degli States. L’immagine di un Clooney invecchiato (è il vero padre di George!!!... e qui si finisce poco distanti da zona “scult”) che torna nei luoghi dei salvataggi per mostrare al nipote l’opera d’arte salvata 40/50 anni prima e restituita allo sguardo ammirato e riconoscente dell’umanità intera, costituisce la mazzata finale, il colpo di grazia che attendevamo sfiduciati già dopo la prima mezz’ora di percorso enfatico e facilone. Tutto questo rimbrotto senza voler ovviamente sottovalutare l'opera concreta ed eroica della vera squadra di eroi originale, grazie ai quali possiamo ancor oggi compiacerci della perfezione terrena a cui riesce (o riusciva) ad ambire e tendere la razza umana.
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