Regia di George Clooney vedi scheda film
Pronto al peggio, istruito dalle critiche che lo stanno a dir poco stroncando, mi sono accostato al film con aspettative pressoché nulle. Rimasta era solo una flebile scintilla di curiosità per un soggetto che sulla carta vantava almeno uno spunto di potenziale originalità. In effetti posso ora testimoniare che è insolito, benché magari non tanto interessante quanto il progetto in teoria potrebbe lasciare presagire. Non mi ha entusiasmato, lo riconosco, ma nemmeno mi sento di denigrarlo in toto. Si assesta per me su un discreto o poco più.
L'origine è il libro Monuments Men - Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia, scritto da Robert M. Edsel, a sua volta ispirato alla vicenda realmente accaduta del Monuments, Fine Arts, and Archives program. Cambiano i nomi delle persone e senza dubbio la narrazione diverge dalla verità, ma l'idea di fondo rimane. A lasciare perplessi molti di noi è, al contrario, il costante oscillare dell'accento e dell'impostazione, che a ben guardare si sospetta essere più il frutto di un'indecisione che di una ponderata scelta e precisa volontà. Le battute in senso stretto e le situazioni simil-comiche sono assai scarse in numero (qui dissento con chi è dell'opinione opposta), mentre confermo che purtroppo non sempre risultano divertenti e colpiscono nel segno. Preferisco allora parlare più propriamente di un'alternanza fra un dominante serio-drammatico e un tocco di leggero-faceto.
Ho apprezzato in generale la trama, costruita come fosse una sorta di caccia al tesoro contro il tempo (e Adolf Hitler). Non riserva grandi sorprese, secondo me, però è ugualmente godibile. Lo sviluppo è viceversa piuttosto lento e riflessivo. Non sarebbe un difetto, se non fosse uno di quei casi in cui non si riesce inspiegabilmente mai ad approfondire davvero le tematiche. Privo di sincera passione e trasporto, semplifica e smorza troppo i contenuti. Un'altra mano (più esperta?) avrebbe forse saputo imprimere una direzione più sicura, senza limitarsi a lasciare il flusso a scorrere da sé.
Una caratterizzazione dei personaggi articolata in misura superiore sarebbe stata auspicabile. I dialoghi non sono malvagi, ma la sensazione di un gioco anziché di un'autentica missione finisce per banalizzare il coinvolgimento e l'empatia verso la maggioranza dei protagonisti. Qualcuno si salva per merito del cast straordinario, capace di redimere e valorizzare il buono che c'è, pur con alti e bassi. Il più "anonimo" è proprio lui, il "bel faccino" George Clooney (Frank Stokes). Il secondo divo Matt Damon (James Granger) è già più espressivo, ma si mantiene su standard ordinari. Spiace vedere sacrificati nella coralità Bill Murray (Richard Campbell) e John Goodman (Walter Garfield), palesemente non impiegati in tutto il loro potenziale. Per fortuna abbiamo almeno Cate Blanchett (Claire Simone) a bucare lo schermo con la sua carismatica presenza. Non per nulla le sequenze che le ruotano attorno sono anche quelle di più elevata qualità, con un grado di tensione, sentimento e dramma altrimenti non pervenuto.
Non l'ho promosso nonostante i vari problemi solamente in virtù del prezioso contributo dell'attrice, grazie alla quale comunque si solleva da una mera sufficienza. Infatti, a voler essere precisi, panacea di ogni male è per me stata la spiccata colonna sonora di Alexandre Desplat, ancora una volta garanzia di successo. Gioia e dolore, sorrisi e commozione derivano in massima parte dall'ascolto delle sue composizioni, fonte inesauribile di suggestioni (assieme alle note e alle parole di una celebre canzone, momento topico). Ovviamente non posso nemmeno nascondere il mio favore a prescindere verso quei film di ambientazione nel passato con costumi di ottima fattura, scenografie accattivanti e fotografia affascinante, qui ritraente i paesaggi di Germania e Inghilterra.
Ad ogni modo comprendo chi rimarca il rammarico e manifesta la propria delusione. Una maggiore omogeneità di genere avrebbe giovato, al pari di un approccio più storico e sensibile, carico di ragione e sentimento. Perché non so se fosse questo l'intento, ma a mio avviso il risultato conseguito rientra più nel puro escapismo. Non si ricerchi dunque né un documentario né un capolavoro epico né un blockbuster di guerra e azione. Lo descriverei con un'immagine, ossia una bottiglia che racchiude e custodisce un nobile scopo come messaggio. Spero, mi auguro e auspico che quest'ultimo possa attraversare indenne le acque e giungere a destinazione, ma temo che il destino della bottiglia (il film), raccolta (visto) in un'occasione che legittimamente può essere concessa, sia da ultimo l'essere gettata e nel tempo dimenticata.
Seconda Guerra Mondiale, 1943. Frank Stokes convince il Presidente degli Stati Uniti che la vittoria avrebbe poco significato, se i tesori della civiltà occidentale andassero perduti. Onde ridurre al minimo questa minaccia, viene pertanto istituita un'unità dell'esercito denominata i "Monuments Men". Inclusa è una squadra di sette soldati non più giovani e non più tanto in forma, composta da direttori di museo, curatori, architetti e storici dell'arte, che dovrà raggiungere le linee del fronte per recuperare i capolavori trafugati dai Nazisti, proteggerli e restituirli ai legittimi proprietari. Saranno allora chiamati a difendere il patrimonio dell'umanità, a rischio della propria vita.
Sempre un campione indiscusso di maestria, Alexandre Desplat sa cogliere appieno il senso della storia e lo traduce in musica con pari (anzi superiore) efficacia. Quello che penso fosse il motivetto principale è orecchiabile e rimane impresso nella mente. L'alternanza dei toni narrativi si riflette nello stile orchestrale, complementare e contemplativo, il vero ed essenziale cuore pulsante capace di veicolare le emozioni.
Con una diversa regia e/o sceneggiatura, probabilmente, avrebbe avuto sorte migliore.
Quasi sembra giocare al ribasso e deve ancora dimostrare la "fortuna" di altri attori passati dietro la macchina da presa.
Spento e privo di grinta, il suo Frank Stokes è il meno convincente.
James Granger, soddisfacente il giusto, però senza slanci.
Dimesso e meno graffiante del solito nei panni di Richard Campbell.
Un autentico astro del firmamento che esalta il suo personaggio, Claire Simone, e surclassa ogni altra stella.
Non male, in Jean Claude Clermont pare ben immedesimarsi.
Proporzionato al ruolo di Preston Savitz.
Donald Jeffries, senza infamia e senza lode.
Ha più talento di quanto questo Walter Garfield gli abbia concesso.
Abbastanza marginale, è il giovane Sam Epstein.
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