Regia di Aharon Keshales, Navot Papushado vedi scheda film
Un ex poliziotto a cui è stata uccisa la figlia da un pedofilo, un poliziotto sospeso dal servizio, un insegnante accusato di pedofilia e una stanza. In questi pochi ingredienti si consuma un dramma pregno di tensione psicologica.
Al netto di alcune ingenuità (vedi il bavaglino dell'ostaggio che sembra incastrarsi a pressione ma in altri momenti è più lento di un paio di mutandoni slabbrati) e due o tre attori che lasciano un po' a desiderare (su tutti l'ostaggio che non versa una lacrima a fronte di dolori abbastanza atroci) la pellicola si rivela un buon prodotto di genere con belle atmosfere noir, alcune scene degne di menzione (la preparazione della torta, su tutte) e soprattutto la capacità di far leva sulla psiche dello spettatore [DA QUI INIZIA UNO SPOILER, PER CUI FERMATEVI SE NON L'AVETE VISTO] portandolo a solidarizzare senza mezzi termini con quello che nel finale si rivelerà essere un pedofilo senza scrupoli. La morale di fondo sembra piuttosto chiara: mai fidarsi delle apparenze, qualsiasi esse siano. Una morale che viene imposta allo spettatore attraverso uno shock emotivo; perché, se era chiaro che se colpo di scena dovesse esserci sarebbe stato questo, il modo in cui i due registi lo rivelano allo spettatore è decisamente efficace, spiazzante e repentino.
Non mi sento di bollare il film con una mera sufficienza, ha una buona fotografia, un ottimo montaggio e nel complesso è decisamente un buon prodotto.
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