Regia di Jenée LaMarque vedi scheda film
Il tema dell’identità è estremamente caro al cinema, tanto più in questi anni, capaci di mettere tutto in discussione, al punto che può capitare di chiedersi cosa stiamo facendo, chi siamo veramente (e via discorrendo).
The pretty one, nel piccolo della sua dimensione autoctona, comunica un messaggio - facile ma eloquente - costruendolo ponendo grande attenzione su taluni aspetti, sorvolando (a fatica) sulla sua reale possibilità di esistenza.
D’altronde, è ormai, e sempre, tutto tremendamente complicato.
Audrey (Zoe Kazan) e Laurel (Zoe Kazan) sono gemelle. Mentre la prima ha avuto successo in città, la seconda è rimasta bloccata in casa con il padre.
Quando durante un viaggio in macchina sono vittime di un tremendo incidente stradale e Audrey muore, Laurel si appropria della sua identità.
Alle prese con la sua nuova vita, Laurel trova il modo di esprimersi apertamente, per la prima volta, in tanti campi ma alcune decisioni fondamentali non sono rimandabili all’infinito.
Un vecchio proverbio dice che l’occasione fa l’uomo ladro. Nel film di Jenée LaMarque si tratta di una donna, ma poi è solo il primo passo che comporta comunque tutta una cascata di eventi.
Partendo da un’introduzione rapida e descrittiva senza perdersi in inutili preamboli, il gioco delle parti è presto scritto: due gemelle, caratteri, e successi, opposti, la sfigata prende il posto della donna di successo.
The pretty one è un’opera chiaramente sbilanciata, ma talvolta la geometria metrica non è l’unica, almeno non la principale, ragione di vita (e visione).
Così la proiezione delle identità fa il suo corso dovendo dribblare ostacoli fin troppo ostici per il raziocinio, trovando comunque soluzioni anche geniali, come lo può essere il dover assistere, sotto mentite spoglie, al proprio funerale, con tutti i giudizi emessi con il candore di chi sa di non doverne dare conto.
È anche vero che l’approdo, oltre che essere strutturalmente difficoltoso, arriva in ambiti comuni (il cuore, l’amore), ma comunque è ben conscio del fatto che, per quanto rimandabili, i nodi non possono che venire al pettine e poi il contesto indipendente è proprio salutare.
Così facendo, permette il perdono, si espone nudo e crudo, arrivando all’affermazione del proprio io e poi Zoe Kazan (Ruby sparks, What if) è assolutamente un fattore preponderante.
In fondo, arriva a mostrare l’ovvio messaggio, ma lo fa con spirito, per cui solo essendo in pace con se stessi si può accalappiare la vera essenza della felicità.
Indipendente, nella forma così come nella sostanza, The pretty one è una dramedy surreale che parte da un sordo paradosso per declinarsi in territori tangibili senza comunque farsi omologare in toto, generando risate, dubbi e riflessioni, senza riuscire a controllare tutto ma arrivando anche a trasmettere molteplici sensazioni, sia insidiose, sia conciliatorie.
Formula che non schiva le trappole, ma caderci dentro può anche essere l’ultimo dei mali, o il primo dei benefici.
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