Regia di Howard Hawks vedi scheda film
Howard Hawks trasforma la saga del western in un'icona limpida, in cui la durezza è quella del diamante, ed i contorni sono nitidi e taglienti come i bordi di una pietra preziosa. Il motto di Thomas Dunson è agire, andare fino in fondo e non perdonare: tanto più vasto è il suolo da conquistare e tanto più consistente è la ricchezza da difendere, tanto più stretti devono essere i margini del cuore. Ciò che il protagonista possiede è quanto è riuscito a strappare all'avarizia della terra e all'avidità degli altri uomini: la sua gloria e la sua grandezza sono impastate di fuoco e polvere, e lo distanziano da un passato che egli vuole cancellare, per scongiurare il rimorso ed il rimpianto. Il "fiume rosso", simbolicamente tinto del colore della fiamma e del sangue, è la linea di demarcazione che divide la sua vita in prima e dopo: al di qua c'è l'uomo maturo che comanda, giudica e punisce, al di là l'uomo giovane di un tempo, che sognava e amava. L'immensa mandria che, nell'epilogo del film, varca nuovamente il fiume senza il suo padrone, e verso una destinazione da lui non voluta, è il bilancio di una vita che si rende autonomo, che scioglie le briglie dei progetti sbagliati, per fuggire in cerca di uno sbocco fruttuoso e positivo. Non è un caso se a guidare questo viaggio decisivo è un esponente di una generazione nuova e, ad aspettare alla meta il vecchio eroe sconfitto, c'è una donna che pone fine all'odio. "Il fiume rosso" fa sgorgare il mito hollywoodiano della giustizia e dei buoni sentimenti dalla dura roccia dell'avventura, intesa come lotta senza compromessi, in cui l'anima e la mente rimangono mute, sullo sfondo, a guardare attonite.
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