Regia di Howard Hawks vedi scheda film
Una perfezione stilistica che miticizza i suoi personaggi, emblemi di uno scontro più che generazionale, che coinvolge ancora oggi i discussi tratti dell’amicizia virile. Se il western è la metafora iconografica del nostalgico pensiero di sentimenti e idealità perdute o ancora da raggiungere che ci portiamo dentro, il film di Hawks ne è una sua felice rappresentazione. Scenari che sembrano usciti dai nostri sogni forse grazie ad un gran bel bianco e nero, inquadrature che con i loro cowboy a cavallo sullo sfondo di un paesaggio gigantesco e vasto come la nostra anima, sono quadri di rara bellezza. La forza dei personaggi sta poi nella loro ambiguità di fondo: come nel granitico e stolto Tom di John Wayne come nel bello e morale Matt di Montgomery Clift. Un classico che sprigiona potenza ad ogni scena, soprattutto in quella dell’attraversamento del fiume con la mandria. Una potenza visiva che si fa narrazione e dialoga con i suoi personaggi così come con lo spettatore. I due amici, una sorta di padre e figlio mancati, devono portare una grossa mandria nel Missouri per coronare il sogno di stabilità di John Wayne, ma strada facendo nascono i primi conflitti, si degenera nella violenza ingiustifcata di quest’ultimo che arriva a compararsi con Dio, e poi tutto finisce nel modo migliore. Ma non per essere politicamente corretto o per giustificare la filosofia americana per la quale è giusta ogni cosa che arriva dalla mia coscienza, e che quindi posso essere giudice e boia come se fossi Dio, perché Dio è con me, ma soprattutto per evocare quel grande tema americano del conflitto tra libertà individuale e coscienza di massa, oltre che descrivere l’animo duro del tipio antieroe per antonomasia che nasconde a tutti e a se stesso, i propri sentimenti, le proprie bellezze.
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