Regia di Howard Hawks vedi scheda film
Il fiume rosso di Hawks è uno di quei film che ti fa ringraziare Dio perchè esiste il western.
Uno dei cinque western del grande Howard, uomo di cinema a tutto campo che riusciva ad usare un genere che a detta di molti non si prestava molto a disgressioni sul tema, per parlare di ciò che gli premeva di più.
Se il west per Ford era sinonimo di amicizie, spazi sconfinati e lotte senza fine contro il nemico indiano, per Hawks era qualcosa di diverso: sicuramente amicizie virili ma ombrate di inqueitudine, rapporti che sottitendono un'omosessualità repressa, gli archetipi del western usati per scardinare le coordinate del genere.
A Hawks interessano le atmosfere, interessano i personaggi e le dinamiche che regolano i loro rapporti,è meno rivolto alla spettacolarizzazione dello scontro.
Il fiume rosso è un film che travalica i paletti imposti dal genere di riferimento perchè pur usando simboli classici come il fiume, la mandria, la vendetta contro gli indiani sembra voler raccontare ben altro.
E qeusto ben altro è rappresentato dal rapporto ispido tra il rude cowboy Dunson ( un John Wayne che dimostra ancora una volta come fosse un fior d'attore e non semplicemente uno capace di stare a cavallo, bere cicchetti e sparare solamente) e il giovane Matt, figlioccio dell'altro raccattato solo in mezzo al deserto dopo che gli hanno sterminato la famiglia. Non solo rapporto d'amicizia virile, ma qualcosa in più che sembra vicino a una relazione più profonda, non solo un rapporto padre figlio. Le loro liti sembrano più quelle di una coppia di lungo corso,il tradimento ( relativo,sembra più questione di razionalità) di Matt è preso da Dunson con una furia a prima vista ingiustificata.
Interessante a mio parere confrontare i personaggi di Dunson e Matt e ancora più interessante confrontare il modo che hanno Wayne e Clift di rapportarsi al loro personaggio.
Il Duca incarna alla perfezione lo stereotipo del cowboy, uomo di frontiera e di distese sterminate,veloce di cervello ma soprattutto di pistola, votato al comando ma ancora di più al rigido rispetto dell regole(e dei contratti stipulati).
Montgomery Clift ne rappresenta l'esatto contrario: più delicato fisicamente, il bellissimo sguardo sempre accompagnato da un velo di profonda inquietudine, pistolero infallibile ma che preferisce usare l'arma solo come ultimo strumento, preferendo il dialogo e un approccio più democratico con gli altri componenti della squadra dei mandriani.
Ed è carismatico come Wayne ma in maniera più sottile, sotterranea.
Il momento emotivamente clou del film ( ma ce ne sono tanti durante la pellicola, tutti meritevoli di trattazione a parte) è il rendez vous tra Dunson e Matt dopo che quest'ultimo ha consegnato sana e salva la mandria e l'ha venduta a un ottimo prezzo.
Quello che deve essere un duello all'ultimo sangue si trasforma ben presto in un'omerica scazzottata in cui vincono entrambi. Con qualche ematoma in viso ma tutti e due vivi.
E'chiaro che nel momento in cui si incontrano di nuovo che nessuno può far del male all'altro.
Può essere interpretato come una razionalizzazione definitiva di un complesso di Edipo che trasversalmente ha percorso tutto il film ma può essere anche l'affermazione dell'impossibilità di rinnegare un'amicizia così profonda o perchè no il bisticcio di una vecchia coppia che si ricongiunge finalmente( a dar retta alle simbologie sessuali ).
Il fiume rosso è un film fondamentale per il genere western e ne rappresenta un'ideale crescita verso un qualcosa ancora di più maturo e introspettivo. I dialoghi molto ben scritti, le invenzioni registiche di Hawks che conferisce a molte scene notturne un look che più spettrale non si può, le molte tematiche non propriamente western suggerite testimoniano di un nuovo modo di intendere il genere da parte del grande regista americano.
Un modo nuovo di fare un classico western.
regia eccellente
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