Regia di Chung Keun-Sup vedi scheda film
Molto difficile, come talvolta accade coi thriller, parlare di questo film evitando qualunque genere di spoiler. Per iniziare diciamo solo che ancora una volta ci ritroviamo a disquisire di uno straordinario thriller gentilmente offertoci da quel vitale crogiuolo cinematografico che è la Corea del Sud. E già questo dovrebbe forse bastare.
Magistralmente scritto dal regista, che in più l’ha diretto con mano ferma e sicura, Montage è sicuramente uno dei migliori film coreani della stagione.
Un ineccepibile meccanismo narrativo, capace di creare una suspense quasi insostenibile (in particolare, nell’ultima [eccezionale] mezz’ora), di tenere realmente sulle spine, avvincere, catturare, fino agli ultimissimi istanti, inanellando una serie di colpi di scena via via sempre più sorprendenti (raggiungendo il culmine col finale: veramente inaspettato).
Il tutto è ottenuto per mezzo, come accennato, di una sapiente costruzione narrativa (che alterna il passato remoto [il 1997], il passato prossimo e il presente) e di un’ottima idea di montaggio (impossibile dire di più, altrimenti il rischio è di rovinare la proverbiale sorpresa [che, giusto per ribadire, è effettivamente tale]).
Se, insomma, nei primi minuti può apparire convenzionale (il rapimento, il mancato risolvimento del caso, il conseguente poliziotto tormentato), Montage è in realtà opera di uno sceneggiatore acuto, che usa i suddetti topoi di base per ricamarci sopra una trama che rivela ben presto tutte le sue potenzialità, e la trasforma in un avvincente thriller capace di tenere col fiato sospeso.
Seppur non troppo marcatamente, il film sfiora poi spunti d’interessante critica sociale, nel suo mostrare ciò a cui si è disposti (o, in altri casi, costretti) a fare in un mondo spietato, dove quando scoppia una crisi a pagarne le conseguenze sono sempre i più deboli.
E se può legittimamente generare dubbi circa l’ideologia, la scena di poco antecedente il finale li dissipa e, come in perfetto stile coreano, al contempo si dimostra capace di commuovere (rendendo palesi, in pochi attimi, tutti i dubbi, le ansie, le incertezze a cui è stata sottoposta la madre).
Al di là del montaggio, buona anche la fotografia e convincenti le prove degli attori: Uhm è una vera diva in patria, modello di riferimento per molte attrici delle generazioni successive; Kim viene da Memories of Murder, il quasi capolavoro di Bong Joon-ho.
Buon successo in Corea del Sud, è passato purtroppo inosservato in gran parte del resto del mondo (Italia compresa, naturalmente), salvo, forse, in India, dove ne è stato realizzato un remake nel 2016: Te3n, di Ribhu Dasgupta (rintracciabile su Netflix).
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