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Montage

Regia di Chung Keun-Sup vedi scheda film

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La recensione su Montage

di ilcausticocinefilo
8 stelle

Molto difficile, come talvolta accade coi thriller, parlare di questo film evitando qualunque genere di spoiler. Per iniziare diciamo solo che ancora una volta ci ritroviamo a disquisire di uno straordinario thriller gentilmente offertoci da quel vitale crogiuolo cinematografico che è la Corea del Sud. E già questo dovrebbe forse bastare.

Magistralmente scritto dal regi­sta, che in più l’ha diretto con mano ferma e sicura, Montage è sicuramente uno dei migliori film corea­ni della stagione.

Un ineccepibile meccanismo narrativo, capace di creare una suspense quasi insosteni­bile (in particolare, nell’ultima [eccezionale] mezz’ora), di tenere realmente sulle spine, avvincere, catturare, fino agli ultimissimi istanti, inanellando una serie di colpi di scena via via sempre più sorprendenti (raggiungendo il culmine col finale: veramente inaspettato).

Il tutto è ottenuto per mezzo, come accennato, di una sapiente costruzione narra­tiva (che alterna il passato remoto [il 1997], il passato prossimo e il presente) e di un’ottima idea di montaggio (impossibile dire di più, altrimenti il rischio è di rovinare la proverbiale sorpresa [che, giusto per ribadire, è effettivamente tale]).

 

 

scena

Montage (2013): scena

 

Se, insomma, nei primi minuti può apparire convenzionale (il rapimento, il mancato risolvimento del caso, il conse­guente poliziotto tormentato), Montage è in realtà opera di uno sceneggiatore acuto, che usa i suddetti topoi di base per ricamarci sopra una trama che rivela ben presto tutte le sue potenzialità, e la trasforma in un avvincente thriller ca­pace di tenere col fiato sospeso.

Seppur non troppo marca­tamente, il film sfiora poi spunti d’interessante critica so­ciale, nel suo mostrare ciò a cui si è disposti (o, in altri casi, costretti) a fare in un mondo spietato, dove quando scoppia una crisi a pagarne le conseguenze sono sempre i più deboli.

E se può legittimamente generare dubbi circa l’ideologia, la scena di poco antecedente il finale li dissipa e, come in perfetto stile coreano, al contem­po si dimostra capace di commuovere (rendendo palesi, in pochi attimi, tutti i dubbi, le ansie, le incer­tezze a cui è stata sottoposta la madre).

Al di là del montaggio, buona anche la fotografia e convincenti le prove degli attori: Uhm è una vera diva in patria, modello di riferimento per molte attrici delle gene­razioni successive; Kim viene da Memories of Murder, il quasi capolavoro di Bong Joon-ho.

Buon suc­cesso in Corea del Sud, è passato purtroppo inosservato in gran parte del resto del mondo (Italia com­presa, naturalmente), salvo, forse, in India, dove ne è stato realizzato un remake nel 2016: Te3n, di Rib­hu Dasgupta (rintracciabile su Netflix).

 

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