Regia di Park Hoon Jeong vedi scheda film
Grandi, grandissimi 'sti coreani: anche quando non inventano nulla di nuovo e raccontano una storia di scalate al potere all'ultimo sangue che ricorda il nocciolo di quel notissimo cult hongkonghese che fu Infernal Affair di Andy Lau e Alan Mak del 2002, già peraltro ufficialmente oggetto di celebre e ottimo remake scorsesiano/hollywoodiano nel 2007.
Un poliziotto infiltrato al soldo di un tenace comandante di polizia (interpretato dal più celebre attore coreano vivente, almeno secondo il mondo occidentale, ovvero quell'inquietante e pacione Choi Min-sik di Old Boy, Nameless gangster, Lucy e I saw the devil), si addentra talmente nei meandri di una potentissima cosca mafiosa, la Goldmoon, che da sola, regge le sorti di quasi tutto l'intero traffico illecito del Paese, da divenire l'uomo di fiducia di uno dei giovani nuovi membri rampanti, “papabile” più di ogni altro a ricoprire il ruolo da presidente, reso vacante all'improvviso quando il vecchio capostipite muore misteriosamente in un incidente stradale le cui dinamiche lasciano molti dubbi e sospetti.
Il “Nuovo mondo” è tutto ciò che si pone davanti ad una successione che fa gola a molti e che vede, oltre al già citato, altri due potenti boss contendersi la nomina di nuovo presidente.
Uno di essi, più o meno coetaneo del rivale, si distingue per l'eccentricità del suo modo di agire e di vestirsi, azzimato e sgargiante nei suoi vestiti narcisisti e oltremodo stravaganti.
E mentre il capo della polizia incastra l'altro boss con un arresto per frode e corruzione, in modo da far agire all'interno della cellula il suo uomo infiltrato, l'azione si sposta e concentra sul tentativo forsennato dell'altro eccentrico giovane boss di persuadere la commissione a farsi nominare.
E tra mattanze sadiche e spietate, tra infiltrati scoperti e rinchiusi in cisterne di cemento e fatti annegare in mare, lotte e accoltellamenti all'ultimo sangue, il film, girato con gran classe da quello che pare tutto tranne che un esordiente e porta il nome di Park Hoong-jung (di cui attendiamo fiduciosi ed impazienti una conferma con l'opera successiva), si dipana puntando tutto su una lotta di potere che sprigiona tutta la brutalità e la vendetta assassina più esasperata di quanto si possa immaginare in relazione ad una esperienza umana.
Il film peraltro non eccede in duelli o lotte senza quartiere, ma dosa con sapiente parsimonia sia le scene pulp (immancabili e quasi necessarie) sia quelle d'azione, e porta avanti con un ritmo incalzante una escalation per il potere prima tra due, poi tra tre contendenti, che risulta avvincente se non attanagliante per le oltre due ore di durata della pellicola.
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