Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Una ragazza (Joan Fontaine), che fa da dama di compagnia a una presuntuosa donna anziana (Florence Bates), conosce a Monte Carlo un signore inglese, il ricco, nonché vedovo, Maxim de Winter (Laurence Olivier) e i due iniziano a frequentarsi: il corteggiamento è breve e il matrimonio arriva presto, con il conseguente ritorno a Manderley, in Cornovaglia, nella principesca tenuta dove l'uomo viveva con la prima moglie, Rebecca, morta in un naufragio e ancora molto amata dalla servitù, specie dalla governante, miss Danvers (Judith Anderson). La nuova signora de Winter si sente schiacciata tra le gigantesche mura della proprietà e osteggiata dalla Danvers, la quale venerava la defunta padrona di casa.
'Rebecca' è, allo stesso tempo, il primo film di Hitchcock del periodo americano, il primo (ed unico) ad essere stato premiato con l'Oscar per la migliore pellicola dell'anno, il 1940, e rappresenta la prima di cinque candidature per la migliore regia, tutte tramutatesi in sconfitta, come da 'tradizione' consolidata nel corso dei decenni da parte dell'Academy di lasciare a bocca asciutta maestri conclamati a scapito di artigiani immeritatamente incensati ma poi caduti nell'oblio.
Ma premi assegnati (o non assegnati) a parte, 'Rebecca' rappresenta un passaggio fondamentale per l'autore, che passò dalle produzioni britanniche, comunque importanti ma per così dire 'artigianali', a quelle americane, e cioè con una concezione ben diversa, più 'industriale' del cinema, con sceneggiatori rinomati, tecnici altamente professionali in ogni reparto del processo creativo, dal direttore della fotografia allo scenografo, per passare dal montatore al compositore delle musiche, per non dire del cast di alto livello messogli a disposizione che, per questo primo film, ironia della sorte, è in gran parte composto da attori inglesi nei ruoli principali.
Il film, tratto dal romanzo di Daphne du Maurier, dalla quale Hitchcock aveva già attinto in occasione del precedente 'La taverna della Giamaica' e poi tornerà più di vent'anni dopo ad essere la fonte per il capolavoro 'Gli uccelli', è una geniale commistione di più generi che si mescolano alla perfezione, tra cui il noir - che ad essere precisi nasce ufficialmente l'anno dopo con 'Il mistero del falco', ma qui Hitch gioca d'anticipo usando l'espediente tipico del genere, vale a dire un unico flashback con la voce fuori campo della protagonista femminile, la seconda signora de Winter (che mai avrà un nome nel corso dell'intero film), che narra una storia che si riferisce al passato - per passare al thriller con elementi psicoanalitici, per finire con il racconto gotico e la fiaba, con elementi come il castello, il principe azzurro, la strega cattiva.
L'opera si discosta dagli ultimi lavori fatti sia per l'intreccio - l'ultimo gruppo di film britannici è caratterizzato in gran parte da più variazioni da un unico canovaccio appartenente alla spy story - sia nel far prevalere uno o più colpi di scena, rispetto alla creazione del suspence vero e proprio e soprattutto, come sottolineato dallo stesso regista in chiave 'negativa', per la mancanza del suo abituale tocco ironico di fondo, che avvolgeva sistematicamente ogni suo film, presente anche nei momenti di maggiore pathos.
Nonostante tali diversità e 'lacune', il film risulta il suo migliore diretto fino a quel momento, grazie alla sua atmosfera oppressiva ed ossessiva, all'uso del contrasto tra luci ed ombre (sontuosa la fotografia di George Barnes), al ritmo cadenzato delle sequenze, ai rapporti di forza che si instaurano tra gli attori in base alle composizioni delle varie inquadrature, da cui si denota quale personaggio sovrasta l'altro, e alla resa altamente qualitativa degli interpreti.
Nei panni dell'impacciata, timida, maldestra (continua a far cadere qualsiasi cosa) seconda signora de Winter troviamo una smagliante Joan Fontaine, qui alla prima collaborazione con il regista, mentre il ruolo dello scostante, imprevedibile, tormentato e lunatico padrone di casa Maxim de Winter è reso con grande classe da Laurence Olivier, di cui in originale si possono ammirare i suoi proverbiali cambi del timbro di voce, passando alla governante di Judith Anderson, che soggioga con la sua sola presenza e sguardo la nuova padrona di casa, creando uno dei cattivi più memorabili dell'universo hitchcockiano ed infine all'amante di Rebecca impiccione e ricattatore dai modi raffinati, che ha il volto di George Sanders, specializzato in simili caratterizzazioni, senza dimenticare il 'personaggio' che dà il titolo al film, Rebecca stessa, la quale brilla grazie alla sua assenza, sottolineata dalla lettera R ricamata in ogni oggetto presente nella casa e nella magistrale sequenza dello svelamento della verità sulla sua fine, dove è ancora più marcata e tangibile con accorti movimenti della mdp che accompagnano il racconto di Maxim all'esterefatta e incredula seconda moglie.
Un classico che non perde il suo fascino ammaliante con il passare degli anni e delle molteplici visioni.
Voto: 8,5 (v.o. su YouTube).
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