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Rebecca, la prima moglie

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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La recensione su Rebecca, la prima moglie

di steno79
9 stelle

“Rebecca” di Alfred Hitchcock è l’unico film del Mago del brivido ad aver vinto l’Oscar come “Miglior film” (ma non quello per la miglior regia), ma da un po’ di tempo viene generalmente sottovalutato da certa critica, forse perché lo stesso regista ne parlò in termini non entusiastici a Truffaut, rimpiangendo la “mancanza di humour” e restando infastidito dalle continue interferenze a livello decisionale del produttore David O. Selznick. Un critico come Jacques Lourcelles, che ha un vero e proprio culto per Hitchcock, nel suo “Dictionnaire du cinéma” ha diverse riserve su “Rebecca”. Lourcelles sostiene che “il sentimento di inferiorità nell’amore provato dalla Fontane, così importante nel film, sarà sviluppato assai più magistralmente da Hitchcock in “Il peccato di lady Considine” e “La donna che visse due volte”, che “i personaggi non riescono ad integrarsi veramente nell’azione; essi fluttuano nella trama e valgono soprattutto come “brutta copia” di una creazione futura, come archetipi troppo astratti di personaggi e di situazioni a cui Hitchcock darà in seguito un’incarnazione molto più convincente”, e infine che “la figura di Judith Anderson è assai riuscità in sé, ma il suo rapporto con la trama è piuttosto artificiale: il suo dominio psicologico su Joan Fontaine ha qualcosa di caricaturale e di eccessivo che Hitchcock correggerà genialmente in “Il peccato di Lady Considine”. Ho riportato i rilievi del critico francese perché mi sembrano, a modo loro, interessanti, e anche perché su Hitchcock Lourcelles ha scritto generalmente cose di prim’ordine, ma in questo caso non condivido la sua analisi. A me sembra che “Rebecca” funzioni ottimamente proprio come melodramma gotico, in qualche modo influenzato da “Jane Eyre” di Charlotte Bronte (il debito fu riconosciuto dalla scrittrice Daphne Du Maurier), e che, anche se non è il tipico thriller hitchcockiano costruito sulla suspence, non per questo risulti meno indicativo della personalità dell’autore. Visivamente assai raffinato, con un geniale uso della scenografia imponente e opprimente del castello di Manderlay, il film è una variazione sulla fiaba di Cenerentola in cui la protagonista, innocente e idealista, si ritrova in un mondo a lei estraneo, quello dell’aristocrazia, e deve fare i conti con l’ambiguità psicologica e la corruzione morale, incarnati dall’inquietante signora Danvers che cerca di schiacciarla col confronto con la prima signora De Winter, la misteriosa Rebecca. La musica ossessiva di Franz Waxman è incredibilmente efficace nell’accompagnare la vicenda, ma molto del merito va anche agli attori, una Joan Fontaine candida e fragile, nonché spaurita al punto giusto, un Laurence Olivier molto bravo nel ruolo dell’altezzoso Max che viene trasformato dall’amore della seconda moglie e, fra i caratteristi, la già ricordata Judith Anderson, che avrebbe senz’altro meritato la statuetta, e il solito “cattivo” George Sanders, molto a suo agio in queste parti. La scena in cui la Danvers umilia la giovane sposina al ballo mascherato facendola vestire esattamente come Rebecca e poi consigliandole perfidamente di suicidarsi, a mio parere non è affatto eccessiva e può risultare ancora inquietante, mentre l’altra sequenza-chiave della lunga confessione di Max alla moglie sui suoi veri rapporti con Rebecca, per quanto leggermente verbosa, è carica di tensione autentica e tutt’altro che noiosa. La sapiente alternanza fra le sequenze in esterni, come l’arioso inizio del film a Montecarlo, e le scene più claustrofobiche a Manderlay nella parte centrale, testimonia di una costante preoccupazione del regista nell’utilizzare lo spazio cinematografico per far risaltare al massimo le emozioni dei personaggi, e anche i movimenti di macchina sono utilizzati con estrema efficacia (il piano-sequenza iniziale sulla tenuta di Manderlay vista dall’esterno potrebbe aver influenzato perfino Orson Welles per la scena iniziale di “Quarto potere”). Nel complesso, pur non essendo il film “mitico” per eccellenza del maestro come “Psycho” o “La donna che visse due volte”, credo che “Rebecca” vada messo almeno fra i dieci titoli migliori di Hitchcock.
voto 9/10     

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