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Lo sconosciuto del lago

Regia di Alain Guiraudie vedi scheda film

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La recensione su Lo sconosciuto del lago

di FilmTv Rivista
8 stelle

L’ossessione scopica corteggia quella erotica (ma poi, non sono la stessa cosa?), la seduce e la possiede. Carnalmente, passionalmente. Come in un film di Hitchcock d’ambientazione queer, nella splendida opera di Guiraudie guardare è desiderare, e assistere a un omicidio intorbida di thanatos le acque dell’eros. Noir alla luce del sole, irrorato di sesso e di ironia, Lo sconosciuto del lago è racchiuso interamente nell’unità di luogo lacustre del titolo: solo un parcheggio e una spiaggia. Entrambi giocati sull’alternanza di pieno e vuoto: lo spiazzo delle automobili, spesso ripreso dall’alto, funge da beffardo schema delle presenze (chi arriva, chi parte, chi è morto e dunque resta in sosta indeterminata); la riva del lago, popolata quotidianamente da una variegata (per età e prestanza fisica) comunità di omosessuali, ogni pomeriggio si svuota quando l’attività di abbordaggio si sposta nella circostante boscaglia, dove l’amore gay è filmato nella sua interezza. Franck, frequentatore abituale del lago da rimorchio, s’invaghisce di un coetaneo dalle adoniche fattezze di un Tom Selleck francese, che purtroppo fa coppia fissa con un altro uomo. Poco male, visto che il compagno sparisce tra i flutti, sotto gli occhi attoniti di Franck, che ha così via libera per il pericolosissimo oggetto del suo desiderio. In un gioco vertiginoso di sguardi, a osservare l’osservatore c’è il malinconico Henri, apparentemente l’unico etero della spiaggia: ancorato al suo angolo non rimorchia, non fa il bagno, ha perso di recente la donna della sua vita e allaccia con Franck un’amicizia fatta di conversazioni a cuore aperto, dialoghi puntuti che sembrano gli “a parte” a corredo dell’azione che si svolge sul proscenio del lago. Vincitore del premio per la regia del Certain regard e della Queer Palm a Cannes 2013, Guiraudie dirige un film compatto e irresistibile, dove il thriller prende a braccetto la commedia nera e le carte del giallo sono scoperte come i genitali dei protagonisti: le lunghe inquadrature fisse si piazzano ad altezza di membro, si lasciano lambire dai corpi abbronzati e invadere dalle eiaculazioni. Il regista esplicita al cubo la natura di voyeur di noi spettatori: ci incastra nel ruolo di guardoni dei guardoni, e ci dimostra, con un teorema sorridente e ineccepibile, che quel ruolo ci piace da morire. Letteralmente.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 39 del 2013

Autore: Ilaria Feole

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