Regia di Norman Foster vedi scheda film
La questione del restauro dei film del patrimonio sta progressivamente interessando non soltanto la dimensione artistica delle pellicole riportate all’antico splendore ma anche il risvolto commerciale che possono ancora avere. La scelta, da parte dell’organizzazione della stampa estera di Hollywood (quella che assegna i Golden Globe), di restaurare un b-movie assume dunque un significato particolare: guardare di nuovo un film non celebrato da allori con la sensibilità contemporanea è un esercizio interessante, perché permette di intravedere stimoli ed intuizioni in un prodotto essenzialmente di cassetta, senza cadere nella trappola di gridare sterilmente al capolavoro. Dimenticatissimo ed intrigantissimo poliziesco, «influenzato da Welles» (cit. Morandini – e si vede), buio e cupo soprattutto per l’incidenza delle conseguenze dell’amore, anche al sole dei messaggi in codice: se il titolo italiano insiste sul “giallo”, quello originale evidenzia la fuga della donna, che è la vera protagonista del film (la brava Ann Sheridan, ma anche l’ispettore Robert Keith e il cane meritano elogi). La sequenza finale sull’ottovolante è fantastica. Visto in sala, al colpo di scena il pubblico è scoppiato: benché sia del tutto figlio del suo tempo, funziona ancora e benissimo. Dura poco: il giusto.
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