Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
“Si alza il vento, bisogna tentare di vivere.”
“The wind rises” è un’opera sentita e di ampio respiro con la quale Hayao Miyazaki sembra aver dato il definitivo addio alle scene.
Per una volta un “voltafaccia” non dispiacerebbe affatto, vuoi per il fatto che il suo incanto è da sempre tra i più unici che la settima arte sia riuscita a proporre, vuoi perché questa sua ideazione è molto distante dal resto delle sue opere, pur rimanendo un’esperienza ricca di stimoli, e soprattutto pare condizionata da troppi eventi, emozioni ed urgenze.
Il piccolo Jiro Horikoshi (in originale doppiato da Hideaki Anno) ha una sterminata passione per gli aeroplani che caratterizzano anche i suoi sogni ed in seguito i suoi studi che lo porteranno a lavorare proprio in questo campo presso un’importante azienda attraverso la quale potrà viaggiare per il mondo.
E proprio durante un lungo viaggio prodigo di arricchimenti incontra la donna che amerà ed ononerà per sempre mentre la sua creatività si appresta ad arrivare al suo culmine.
Opera che nasce da una lunga gestazione e poi produzione, con cinque anni di lavoro nei quali sono successe parecchie cose che ne hanno influenzato l’avanzamento, su tutte il disastro di Fukushima ed il crack economico del 2008, due eventi che hanno cambiato molte cose e soprattutto il modo di percepire ciò che succede.
Ecco, forse troppe forze nate anche non volutamente (a volte le cose succedono e basta sfuggendo al nostro controllo) hanno trasformato in corso d’opera il film che è un concentrato di tutto ciò, o quasi, si sognerebbe di vedere, ma in un assemblaggio multiforrme, generalmente poco fluido.
Come sempre nel cinema di Hayao Miyazaki sono in evidenza i poteri ed i misteri dei sogni (in questo caso volanti), con il valore di una passione, un’amore appassionante che deve fare i conti con una malattia, più in generale ecco il mondo dentro, efuori, di Jiro, la dignità e l’abnegazione nel compiere il proprio lavoro; con la sua figura il venerato autore nipponico riesce ad accostare elementi distanti, ad esempio un progettista inappuntabile come uomo che darà forma a veivoli destinati ad uccidere mentre intanto sogna di riempire di persone i bombardieri esistenti.
Planando su un personaggio reale come Jiro, è anche, e nettamente, il panorama più realistico di tutto il cinema di Hayao Miyazaki, ma il disegno rimane inconfondibile, con le scene aeree che ricordano direttamente “Porco rosso” e la grandiosa rappresentazione grafica del grande terremoto del Kantou.
Opera che ha le sembianze del commiato, un impianto da kolossal che non ha paura dei tempi lunghi, con divagazioni e salti (anche tripli) da un progetto su carta ad un amore fluttuante, passaggi di anni che però il regista riesce ad evidenziare senza nemmeno il bisogno di uno straccio di didascalia, il tutto venato da un penetrante retrogusto “amarcord”, ma anche contraddistinto da un passo un po’ ingessato a partire da un argomento tecnico comunque invadente come quello a carattere aeronautico.
Impegnativo ed immaginifico.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta