Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
Si alza il vento è l’ultimo film di Hayaho Miyazaki. Per molti il suo testamento ideologico, addirittura un film autobiografico. Effettivamente nel film, tratto dal manga del 2009 creato dallo stesso autore nipponico, coesistono tutti gli elementi più peculiari della poetica di Miyazaki.
È la storia di Jiro Horikoshi, aspirante pilota che a causa della miopia ripiega a fare l’ingegnere aeronautico, finendo per diventare uno dei più talentuosi professionisti al mondo nel suo campo. Nel Giappone degli anni ’30 Jiro vive altresì la storia d’amore più struggente che si possa immaginare con la dolce Nahoko, incontrata per volere del destino. Tra sogni ad occhi aperti col mentore italiano Caproni e la guida spirituale del tedesco Castorp, Jiro affronterà la vita col motto “Si alza il vento… bisogna tentare di vivere”.
L’amore e l’amicizia, le fabbriche e gli aeroplani, l’ecologia e la guerra, tutto rientra nel Miyazaki-pensiero e tutto rientra in Si alza il vento. Un film ostinatamente concepito con 160.000 tavole disegnate a mano, costantemente monitorate da Miyazaki stesso, in 2 anni di lavoro e con 200 unità di disegnatori impegnati. Perché non esiste autorialità se ci si piega ai voleri e alle volgarità della moda. Miyazaki è Miyazaki perché non cede alla computer grafica, perché per piacere al suo pubblico prediletto (i ragazzi) edulcora la biografia di Horikoshi aggiungendovi frammenti amorosi, perché pur ripudiando con tutto se stesso la guerra non può prescindere dal raccontarla. Ma anche perché non sa prescindere dai giapponesi in kimono che bevono sakè, dai cieli azzurri che si popolano rapidamente di nuvole torve, dagli hangar e dai terremoti, dalle sigarette e dalle parentesi oniriche. Perché essere se stessi per Miyazaki è quanto conta davvero. La coerenza come stile di vita. La dolcezza stentorea del tratto a matita come marchio di fabbrica.
Le sensazioni che il film provoca, pur non essendo il miglior prodotto dell’autore giapponese, sono quelle che ci si auspicherebbe da ogni film. Un senso di pace e di liberazione, un debordante flusso di coscienza, un’amorosa condivisione dei propri principii che abbracciano con orgoglio le radici rurali della propria tradizione, mettono alla berlina le velleità guerrafondaie di un popolo immaturo e impreparato per la guerra, omaggiano Paul Valéry, Yasujiro Ozu, Ryokan Taigu e Thomas Mann. Dopo Miyazaki come potremo ancora chiamarli “solo cartoni animati”?
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