Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
Filmare il vento e quindi qualcosa di invisibile, eppure ce ne accorgiamo quando fa muovere le foglie o fa volare un cappello e ci sono gli aeroplani e i sogni in loro racchiusi, quelli di un bambino, quelli di un progettista. E in un sogno il ragazzo giapponese e il progettista italiano si incontrano e Miyazaki utilizza questo luogo per risvegliare nello spettatore la magia e l’incanto del suo cinema, perché non ci sono fratture nella sua narrazione, un continuo flusso temporale ed emotivo, mondi reali e mondi onirici che si sovrappongono, così come avviene nella fluidità delle immagini dei suoi film, la morbidezza delle forme in continuo cambiamento, in questa ultima opera il regista giapponese si abbandona totalmente alla sua passione per le macchine volanti e ripercorre attraverso il giovane protagonista la nascita di uno degli aerei da guerra più famosi: lo zero. E la guerra è lo sfondo solo accennato, presente come conseguenza malvagia di uomini che ricercavano nei cieli qualcosa di puro, una visione, demone oscuro la guerra, con le sue bombe e il suo inferno, è lasciata da Miyazaki fuori lo schermo, così come i legami che i giapponesi ebbero con fascisti e nazisti. Al regista interessa lo stupore scintillante di forme metalliche che si inseguono o brillano nei cieli, interessa l’amore, raccontato con una purezza di cuore che forse solo i bambini ancora possiedono, il vento che muove l’erba creando orizzonti emotivi che finiscono per liberare lo spirito di chi guarda, donandogli la stessa meravigliosa leggerezza, librarsi senza peso oltre la vita e il suo corso, il dolore e la morte, inseguire gli attimi come fossero scintille di luce, parole sussurrate, su un treno, alla persona che amerai per sempre - Le vent se lève!... il faut tenter de vivre.
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