Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
Una notte di nebbia, un volo liberatorio che squarcia le nuvole scure, un sogno presto infranto da uno sguardo fuori fuoco. Bastano quattro minuti di incipit per capire quanto è grande Si alza il vento. Una micro lezione di cinema in cui Miyazaki, con il solo ausilio della partitura di Joe Hisaishi, introduce suggestivamente Jiro Horikoshi: un bambino che vuole a tutti i costi volare, ma che è trattenuto a terra dalla miopia e da un paio di ingombranti occhiali. A venirgli in soccorso è il suo eroe, il celeberrimo progettista aeronautico italiano Giovanni Battista Caproni, che in sogno lo sprona a intraprendere quello che in pochi sono riusciti a fare, a essere creatore e non strumento: costruire una bellissima macchina per volare.
Jiro attraversa da protagonista 20 anni di storia giapponese. È l’armoniosa ed esatta pace di un uomo di talento che si dedica anima e corpo a quello che è nato per fare; ed è, al contempo, la cacofonia stridente e contraddittoria di un genio alle prese con la realtà. Che Jiro tratta come una succursale del suo mondo onirico, come un luogo in cui dare vita materiale ai sogni che lo accompagnano sin da bambino. Ma nel mondo vero c’è il terremoto del 1923 che stermina più di 100 mila persone e brucia una Tokyo di legno, uscita troppo recentemente da un’epoca antica; c’è la tubercolosi che affligge l’unico amore della sua vita; ci sono la fame e la miseria, la caccia ai dissidenti dell’impero e dell’alleato nazista. E soprattutto c’è la guerra, che con crudele ironia tutta umana trasforma il lavoro di una vita di Jiro, votato unicamente alla bellezza e all’armonia, in una macchina di morte e distruzione, il famigerato cacciabombardiere Zero. Il testamento artistico di Miyazaki, che per la sesta e (pare) ultima volta ha annunciato il suo ritiro, è la catarsi irrisolta, autobiografica e trasudante umanità di un pacifista che ammira la bellezza degli aerei da guerra, di un privilegiato che, al contrario di quasi tutti i suoi concittadini, non ha vissuto gli stenti della guerra. Ed è il culmine di una riflessione cinematografica che per la prima volta si apre alla Storia e accoglie la lezione di altri maestri, da Ozu a Kurosawa, da Mikio Naruse a Isao Takahata. Si alza il vento è il modo più doloroso per dire addio a un genio che sceglie la pensione; ma, come insegna il film, «dobbiamo provare a vivere».
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