Regia di Yolande Moreau vedi scheda film
A Charleroi, in Belgio, Henri, di origini italiane, gestisce insieme alla moglie Rita un bar-ristorante frequentato da avventori locali, con alcuni dei quali intrattiene rapporti di amicizia all’insegna di conversazioni da bistrot accompagnate da abbondanti bevute di ottima birra del “plat pays”. Un giorno, inopinatamente, Rita muore, probabilmente colpita da un infarto. Addolorato ma non sconvolto dall’improvvisa fine di un matrimonio ormai appiattito da troppi anni di routine, Henri si trova confrontato al problema di tenere in piedi la sua attività senza la preziosa collaborazione della consorte. Gli viene allora consigliato di assumere un “papillon blanc”, vale a dire un degente dell’istituto psichiatrico della zona. Un tipo di dipendente innocuo, affidabile e poco oneroso. Henri accetta ed ecco piombare nella sua vita Rosette, una ragazza non brutta ma sgraziata, leggermente ritardata ma spontanea, gentile e non priva di senso pratico delle cose. Rosette sogna genericamente l’amore, s’interroga sulla sessualità di cui non ha alcuna esperienza. Arriva ad immaginare di essere diventata la compagna di Henri e si mette a raccontare a destra e a manca di esserne rimasta incinta. L’uomo non ha alcunché da rimproverarsi. Il suo comportamento nei confronti della ragazza è stato impeccabile. Si sono confidati l’uno con l’altra, hanno imparato a conoscersi e nulla più. L’istituto che ha in cura Rosette sospende immediatamente l’attività lavorativa della giovane. Restato solo e oggetto di continue chiacchiere e insinuazioni, Henri decide di mollare tutto e andarsene. Rosette fugge dall’istituto, raggiunge il suo unico amico e insieme partono alla volta del litorale belga, in terra fiamminga, dove si lanciano nel più tradizionale dei commerci locali: la vendita ambulante di “bière et frites” a bordo di un furgone-bottega. Sì, a questo punto si amano, stanno insieme.
Nel dirigere e redigere la sceneggiatura del suo secondo lungometraggio, Yolande Moreau osa molto senza alcun intento provocatorio. Accoppia effettivamente un uomo di mezz’età e di poco spessore ad una ragazza totalmente indifesa, ma lo fa per raccontare una relazione onesta, parla di due soggetti che, unendo le loro debolezze, paradossalmente si rafforzano. E’ un film di poche parole e di molte immagini, dagli sguardi, i pianti e i sorrisi ai paesaggi di un Belgio moderno e desolato, oppresso dalla pioggia, dove anche il mare è grigio. Henri e Rosette, interpretati da Pippo Delbono e Miss Ming costituiscono la più gradevole delle sorprese. Incarnano con commovente naturalezza due figure semplici e profondamente umane, due antieroi che bucano lo schermo come raramente mi è capitato di vedere. Yolande Moreau si concede tempi lunghi ma mai noiosi, osserva amorevolmente le sue creature, personaggi a modo loro ribelli, anche se non alzano mai la voce. Il suo film è abitato dalla gentilezza e dalla sensibilità che l’hanno caratterizzata fin da quando era solo un’attrice, una grande attrice. Con “Henri” ci offre una perla del cinema belga contemporaneo, un cinema che, a parer mio, gode di ottima salute. Indovinata e altrettanto delicata la colonna sonora.
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