Regia di Bryan Ortiz, Bryan Ramirez, Kelly Valderrama vedi scheda film
Sorprendente trilogia ambientata (al pari di Asylum/La morte dietro il cancello di Roy Ward Baker) in un manicomio. Attori eccezionalmente bravi supportano una sceneggiatura in grado di combinare, con buona sensibilità, evasione e riflessione. Mentre tre attenti registi si occupano di rendere gradevole l'esperienza della visione. Gioiellino.
"La pazzia è una malattia che si diffonde attraverso la mente. Generazione di pensieri distorti nel cervello umano ci spingono a commettere atti orrendi, che trascendono la solita sfera immaginativa. La follia si sposta da una persona all'altra senza distinzione di sesso, razza, età o credo. Può dare vita a risultati inaccettabili, che non siamo in grado di tollerare o capire. Possiamo solo tentare, forse in qualche modo, di contenere queste persone impazzite, mentre le loro anime vagano indifese attraverso gli stretti limiti dei loro mondi interiori": così lo psichiatra Henry Stenson (Malcom McDowell) introduce tre casi riguardanti altrettanti degenti della struttura di "igiene mentale" nella quale lavora.
Paziente n. 49 / Figuratively speaking (*****)
Gustav Spiller (John Glover) è un affermato scultore, malinconico e introverso. Affascinato dall'universo dark di Allan Poe ha realizzato tre miniature: Edgar, Roderick e Madeline. Il successo inaspettato ottenuto ad una pubblica esposizione, spinge l'agente Sam (Robert Englund) a tentare una vendita milionaria, alla quale Gustav si oppone con fermezza. In accordo con Matthew (Walter Perez), amico fidato di Gustav, Sam somministra all'artista, in maniera subdola, una potente droga psicoattiva, la mescalina, al fine di indurlo in uno stato di confusione mentale e potere così -tramite circonvenzione- incassare i soldi della vendita. Finché le "voci" delle sculture, che inspiegabilmente cambiano anche posizione, entrano nella testa di Gustav, spingendolo ad uccidere -per primo- proprio Sam.
"L'arte è un mezzo molto soggettivo. Vediamo ciò che vogliamo vedere in un dipinto, un libro, una scultura o una figura." (Dott. Stenson)
Un giornalista, in cerca di documenti per un articolo di morboso richiamo, si introduce nel manicomio, alla ricerca di un caso eclatante e si imbatte nel...
Paziente n. 26 / Monsters are real (***)
Il piccolo Steven (David Mazouz), afflitto da schizofrenia catatonica, subisce una drammatica serie di esperienze. L'assenza della madre, lascia il piccolo in balia di un padre incestuoso, pedofilo e prepotente. Mentre a scuola l'attenta insegnante Lorne (Lacey Chabert) intuisce che qualcosa turba il bambino, Steven inizia ad avere spaventose visioni: un uomo, dai tratti celati sotto un lungo impermeabile con cappuccio, gli compare dinanzi nei momenti più impensabili. Gli incontri si fanno via via più terrificanti, soprattutto quando particolari del viso (una bocca con infiniti denti, una lingua serpentiforme) sembrano delineare la figura di un orco.
"La maggior parte dei suoi giorni furono passati mentre stava seduto, con lo sguardo rapito. Ma a volte, quando osservi le nuvole, puoi vederlo sorridere." (Dott. Stenson, in riferimento al gioco tra Steven e i compagni di scuola, consistente nell'individuare forme note disegnate dalle nuvole in movimento)
Up to the last man (****)
Il professor James Silo (Lou Diamond Phillips) è ossessionato dalle teorie di Zecharia Sitchin e dalle profezie Maya: è infatti certo che, nel rispetto temporale di 5.125 anni, definito b'ak'tun, il 21 dicembre 2012 si concluda il tredicesimo ciclo del calendario Maya. Il dodicesimo Pianeta, incrociando dopo millenni l'orbita terrestre, sarà causa di una catastrofe, attuata da alieni invasori, gli Anunnaki. Moglie e figli, intimoriti dalla paranoia di James, nulla possono per arginare le idee deliranti, che spingono l'uomo a costruire un rifugio sotterraneo.
"È tutto nella mia testa. Non è reale. Non è reale (...) Sono solo. Sono solo. Sono solo. Sono solo." (James Silo)
Già dalla sinossi è facile intuire che Sanitarium è ben più di un horror. È un film intenso, diretto -e soprattutto scritto- con rara attenzione ad un tema sensibile. Poetico, drammatico, raffinato, elegante, colto e persino filosofico, come si può dedurre da frasi ambiguamente allusive, sovente pronunciate dalla voice over del dottor Stenson che arriva a enunciare una verità profonda, ovvero che "la fantasia può essere molto più reale di quanto possiamo immaginare".
Ma i pregi di un opera così curata -e lontana anni luce dalla più mediocre massa di titoli simili- sta anche nell'indovinata scelta del cast. I tre protagonisti sono, senza distinzione, eccezionalmente adatti e calati nel ruolo. A cominciare dal malinconico, triste (e quasi anoressico) John Glover, proseguendo con il talentuoso/promettente piccolo (solo per ragioni anagrafiche) David Mazouz, sino al sofferente Lou Diamond Phillips, padre e marito alla totale deriva, convinto di essere rimasto l'unico al mondo.
Sul piano tecnico non si cala certo di qualità. Bryan Ramirez dirige con grazia Figuratively speaking, aiutato da scenografie curate e miniature artistiche davvero indovinate. A Bryan Ortiz tocca il segmento più rilevante (moralmente) Monsters are real, episodio che fa riflettere sulla condizione di tante piccole vittime, spesso costrette a subire violenza proprio da chi -invece- dovrebbe loro garantire sicurezza e tranquillità. Infine Kerry Valderram dirige Up to the last man, una lucida discesa negli inferi esperita da una mente che trova, nella mitologia ufologica, il destro per isolare se stesso, arrivando a compiere l'impensabile.
Errata corrige: l'attore nella foto sopra è Malcom McDowell
Di certo interesse anche i brevi camei di due grandi, indimenticabili, attori: Malcom McDowell e, finalmente dopo tante trascurabili partecipazioni, Robert Englund. Sanitarium è rimasto inspiegabilmente inedito in Italia, privando così il pubblico del piacere di visionare un titolo intrigante e significativo, i cui autori hanno dato prova di sapere ben accostare un sano intrattenimento (privo di ridondanti effetti speciali, inutili botti sonori e dialoghi volgari) a rari spunti di profonda riflessione. Perché sotto sotto quello che fa più paura sta celato, in silenzio, in un recondito spazio della nostra mente. Quello che più fa veramente paura non è un vampiro, non uno zombi; non è la creatura di Frankeinstein, nemmeno l'uomo lupo. Non è l'uomo nero e men che meno un povero "diavolo". Fa paura, invece, l'ipotesi che abbia ragione il professor James Silo quando grida, tremando e piangendo, che quel che gli accade attorno "non è reale, ma è tutto nella sua/nostra testa".
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