Regia di François Ozon vedi scheda film
Un buon romanzo di formazione, che ha il pregio di tenere desta l'attenzione pur senza fare leva biecamente sulla tematica scottante. Il merito è principalmente attribuibile alla regia di Ozon, leggera senza però mai dimenticare angosce e dissidi, sensibile senza accasciarsi in un vittimismo ombelicale, delicata senza però censurare la tempestosa sensualità di masturbazioni, fantasie erotiche e congressi carnali. Ozon affronta a testa alta i possibili, ingombranti modelli, e tra l'appoccio psicanalitico di Bunuel (dal quale si tiene ben lontano) e quello impressionistico di Godard (col quale invece rivela qualche affinità, se non altro nella centralità della giovane figura femminile, colta nell'atto di "vivre sa vie" con la maggior consapevolezza possibile), si ricollega semmai a Bergman e alle sue estati di passione (qui, in verità, negata), nonchè soprattutto allo scandaglio di pensieri e pulsoni. La differenza col maestro svedese sta nella sfiducia riposta nella dialettica verbale come strumento di espressione/comprensione della propria psiche: in Ozon, ogni tentativo di spiegazione razionale è destinato a naufragare. Restano, a parlarci di un'educazione sessuale tanto anomala quanto unica è la personalità di ciascun individuo, le immagini, i gesti, i movimenti, i corpi, gli sguardi, come depositari prediletti di una inafferrabile teoria del desiderio. E', in fondo, "Giovane e bella" un film sul mistero dell'eros, sulla scoperta del piacere, sulla tortuosa via che porta alla conoscenza di se stessi e del proprio corpo, al di là di ogni condizionamento sociale. E questo è tanto il fascino quanto il rischio a cui si espone questo film: la debolezza di motivazioni sociologiche. Certo, c'è ovviamente una chiara definizione di un contesto agiato, borghese; c'è un rapido cenno ad una inchiesta televisiva sulla prostituzione giovanile e alla realtà dei siti di incontri; c'è più di uno sguardo della mdp sulle banconote e sul loro potere magnetico/narcotico/alienante. Ma nè società, mass media, istituzioni, famiglia, scuola, psicologi etc...possono aiutarci a comprendere i sentimenti e le pulsioni di Isabelle, ciò che le frulla nella testa (e nelle parti basse): solo il cinema può, coi suoi umili ma potenti mezzi, quali il montaggio, il movimento di macchina, il soundtrack, il primo piano etc...E' un film sull'istintualità della donna, sulla sua allusività, complicità e ambiguità erotica (suggerita in modo amabile nella coda con Charlotte Rampling, apparentemente futile, in realtà efficace nel ribadire il carattere "femminino" del film), sulla ricerca del "colpo di fulmine" (e qui Ozon si supera, nello stampare sul volto della protagonista, prima l'illusione dell'amore, poi la sua desolante negazione, in un incontro con un uomo apparentemente fascinoso, in realtà squallido onanista), sulla volubilità del pensiero (mentre Isabelle parla con lo psicologo, pensa all'anziano cliente a cui si era affezionata), ma anche sulla morte, la solitudine, il caos esistenziale. E' un film che sbeffeggia e scardina i luoghi comuni dell'adolescenza: basta vedere come viene girata la scena della "prima volta" in spiaggia, con il fantasma triste di Isabelle che compare inerme a distruggerne il mito; oppure il falso idillio invernale, con tanto di lucchetti mocciani. Non è un film perfetto: certi didascalismi, certo "interventismo" delle canzoni, qualche sottolineatura...Isabelle sempre vestita allo stesso modo, trasandato...il greve patrigno che irrompe puntualmente in bagno e cameretta, nei momenti meno opportuni...Isabelle che dimentica la sua tristezza sotto le luci stroboscopiche della discoteca...l'idealismo degli studenti nel commentare na poesia (sia chiaro: siamo anni luce al di sopra della rappresentazione dei "cine-liceali" nostrani...d'altra parte, loro hanno Cantet, Kechiche, Ozon etc...noi neanche mezzo di questi, chiusa parentesi)...sono tutti momenti di cinema "average", necessari però forse a far emergere la singolarità di Isabelle e del suo "percorso". Film che accoglie in sè gli stati d'animo e i paesaggi climatici più svariati, pieno di sbalzi come l'umore di una adolescente che sta, intimamente e burrascosamente, "vivendo la sua vita". Due parole sulla splendida Marine: bellezza incalcolabile, talento acerbo ma promettente, che richiede solo una minore enfasi nelle andature e un maggior controllo della recitazione labiale (non è ancora la Huppert!), mentre i suoi occhi si presentano come già intensamente e melanconicamente eredi di una Liv Ullmann.
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