Regia di François Ozon vedi scheda film
Torna Ozon puntuale e prolifico come sempre, ma più di altre volte fedele ai suoi temi più cari: amori giovanili, sessualità irrefrenabile, l’irrequietezza incontrollabile della tarda adolescenza a cui si contrappone la curiosità morbosa di un inizio dell’adolescenza. Temi già sviluppati ampiamente, seppur in un contesto decisamente più grottesco, sin dagli esordi con lo “scandaloso” e per certi versi geniale Sitcom.
E pure qui ritroviamo una tranquilla e benestante famiglia allargata composta da una madre e due figli bellissimi, una diciassettenne ed un dodicenne entrambi davvero splendidi e precoci, più il compagno della madre. Seguiamo la famiglia, ed in particolare le vicissitudini amorose della ragazza durante le vacanze estive al mare e quindi ciò che seguirà nelle successive tre stagioni che si avvicenderanno: dalla prima stordente esperienza sessuale completa con un aitante tedesco suo amico di spiaggia, agli episodi che spingeranno la ragazza a rifuggire vere e proprie storie sentimentali con coetanei come è normale a quella età, per dedicarsi, dopo aver assistito quasi per caso ad un servizio televisivo sull’argomento, alla prostituzione con anziani e facoltosi uomini d’affari.
La giovane, che lo fa per passione e non in virtù di una reale necessità pecuniaria, viene scoperta quando uno dei suoi clienti abituali viene colto da un infarto e muore durante la consumazione del rapporto. Ne seguiranno piccoli grandi drammi familiari, sedute presso psicologi, tentativi di approccio di storie giovanili più consone all’età della protagonista, se non altro per uniformarsi a ciò che fanno le sue amiche coetanee. Salvo rimanere sempre con addosso un senso di insoddisfazione ed inutilità, mentre un anno nel frattempo trascorre. Infine la “giovane e bella” diciassettenne avrà occasione di tornare nella camera d’albergo dove si consumò il rapporto fatale, maturando in tal modo piano piano un abbandono da un senso di colpa per la morte del partner del quale non era mai riuscita a liberarsi.
"Jeune et jolie" non è certo il miglior film di Ozon e presentarlo in concorso a Cannes, dove peraltro è stato accolto piuttosto freddamente, è stato senz’altro un azzardo giustificato solamente dall’inevitabile sovrannumero di titoli d’oltralpe presenti ogni anno a discapito del loro valore effettivo e a danno di tanti altri titoli probabilmente più meritevoli.
Tuttavia il film rappresenta per Ozon un ritorno alle ossessioni che lo hanno sempre accompagnato già dai tempi dei primi efficaci corti girati in gioventù e che hanno peraltro ispirato le sue opere migliori e trasgressive (Gocce d'acqua su pietre roventi e Amanti criminali).
Due fratelli che si confidano, il maschietto più giovane che interroga la sorella sul suo rapporto appena consumato riempiendola di domande a cui sa in realtà già rispondere grazie ad internet e all’abbattimento inevitabile di barriere che un tempo isolavano a lungo l’adolescenza costringendola ad una maturazione più lenta e meditata che presenta sia vantaggi che svantaggi, sono il fulcro e il valore più forte di un film carnale e in fondo del tutto realistico, basato su storie statisticamente vere e documentate di un fenomeno, la prostituzione giovanile esercitata anche al di là delle effettive necessità, che ha radici più intime e personali. Bellissima, conturbante ma credibile la protagonista Marine Vacth, una nuova Laetitia Casta per intenderci, mentre Charlotte Rampling illumina con la sua presenza che non abbandona lo charme e la classe dei bei tempi, i minuti risolutivi del film e della vicenda.
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