Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Non ho visto altre sue opere precedenti, ma tra i registi cinematografici delle generazioni recenti (è del 1967, quindi mio coetaneo), Denis Villeneuve mi pare uno dei più degni d'interesse, almeno a giudicare da Prisoners. In questo suo film del 2013, egli non parla soltanto del triste destino dei sequestrati, qualunque siano i modi e le motivazioni della segregazione. Prigionieri siamo un po' tutti, magari mentalmente, chi dei propri pregiudizi (come il padre della bambina rapita, il fanatico delle tecniche di sopravvivenza, interpretato da un bravo Hugh Jackman), chi della propria fama (il poliziotto di Jake Gillenhaal ha sempre risolto i casi a lui affidati) e chi dei propri schemi logici, come il burocratico capo della polizia. Per risolvere il caso sorto dal misterioso rapimento di due bambine di sei anni, servirà rompere gli schemi mentali utilizzati per anni. Sarà un processo doloroso che forse riesce a compiere pienamente soltanto la moglie del protagonista (una dolente Maria Bello), ossia il soggetto apparentemente più fragile.
Nonostante un finale convulso e non del tutto convincente, almeno sul piano dei passaggi logici, Villeneuve conduce lo spettatore ad una conclusione aperta, benché orientata ad uno scioglimento positivo, con un fischietto rosso a fungere quasi da mcguffin hitchcockiano.
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