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Prisoners

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su Prisoners

di GIANNISV66
9 stelle

Il gelo che sovrasta un piccolo borgo della Pennsylvania è il gelo che si riflette nei cuori delle persone che lì vivono. Un gelo che attanaglia le loro anime e non dà scampo, e poca consolazione viene dall'attaccarsi alla fede quando questa resta in silenzio di fonte allo straziante destino di chi si ama più della propria vita.

Prisoners del canadese Dennis Villeneuve è un thriller sorprendente per la capacità di scandagliare fino in fondo le anse più nascoste dell'animo umano, quelle che ognuno di noi non osa neppure guardare. Cosa saremmo disposti a fare per salvare i nostri figli? Questa la domanda che aleggia su tutta la vicenda.

Keller Dover (Hugh Jackman) è un falegname, un onesto rappresentante della classe operaia, e si ammazza di lavoro per la propria famiglia, unico e concreto punto di riferimento della propria vita.

Quando suo figlia Anna sparisce insieme all'amichetta Joy durante la festa del Ringraziamento trascorsa insieme ai vicini di casa, l'uomo vede il proprio mondo e le proprie certezze crollare sotto i colpi del destino avverso. Gli fa da contraltare il detective Lockee (Jake Gyllenhaal), bolso e pieno di tic, eppure (o proprio per questo) straordinario per l'acume investigativo, mastino instancabile nella ricerca delle rapite.

I sospetti inizialmente si focalizzano su un povero minorato mentale, Alex, un relitto umano che vive con la zia ma con l'abitudine di vagare senza meta su un camper fatiscente, sospetti che tuttavia ben presto decadono.

Non vi sono prove materiali a suo carico né il ragazzo, con le sue modeste capacità intellettive, appare in grado di organizzare il rapimento di due bambine, nonostante una serie di circostanze portino a pensare che ne sappia sull'argomento molto più di quanto non dicano i suoi ostinati mutismi.

Mentre Lockee continua senza sosta nella sua disperata ricerca, Keller si convince che il ragazzo nasconda la verità e lo sequestra segregandolo nella vecchia e abbandonata casa di famiglia, disposto a rinunciare alla propria umanità pur di salvare la sua bambina.

 

Ci fermiamo qui nel raccontare la storia, senza anticipare lo sviluppo con i dovuti colpi di scena. Ma più che sulla trama, avvincente e con l'indiscutibile merito di coinvolgere e annichilire sulla poltroncina lo spettatore, è meglio soffermarsi sui sottotesti, che fanno di Prisoners un thriller dell'anima.

Il primo è quello religioso, palesato nelle parole della preghiera con cui si introduce la vicenda, ripresa poi in uno dei momenti più drammaticamente intensi della pellicola. Richiamando quanto detto più sopra, la fede sembra essere spazzata via dal gelo morale che cala sull'animo dei protagonisti, così come il gelo materiale è calato sulle vie della cittadina in cui vivono.

L'altro, meno immediato ma non meno importante, è la fragilità dell'animo umano: tutti i personaggi di fronte alla tragedia e allo strazio reagiscono in modi e maniere che dovrebbero essere alieni in persone cresciute nel rispetto della civiltà e del rispetto reciproco.

Se Keller non esita a mettere da parte i propri limiti morali (mentre la moglie Grace si abbandona alla più nera disperazione), Franklyn, il papà di Joy, sembra annichilito dai propri scrupoli morali e di contro un sostegno più deciso ed inaspettato (soprattutto per gli spettatori) arriva a Keller dalla mamma di Joy e moglie di Franklyn, Nancy.

I prigionieri cui fa riferimento il titolo del film sembrano proprio loro piuttosto che le due bambine, prigionieri delle proprie paure, delle proprie contraddizioni, ma anche prigionieri del castello di certezze che si erano costruiti (esattamente come fa ognuno di noi, e qui sta forse l'abilità maggiore del regista: sfruttare una situazione di base assolutamente comune per scaraventare lo spettatore in un incubo terribilmente realistico) e crollato miseramente di fronte a quanto di più tremendo possa accadere a un genitore, la sparizione del figlio.

 

Film assolutamente straordinario che però nel giudizio complessivo paga l'eccessiva durata. Qualche taglio e un po' più di sintesi l'avrebbero portato dalle parti dell'eccellenza.

Da sottolineare le notevoli prove di Hugh Jackman, in un ruolo che accentua la già notevole somiglianza fisica (e non solo) con Clint Eastwood, e soprattutto Jake Gyllenhaal.

Tra gli altri ottima performance di Paul Dano negli ambigui panni di Alex e di Maria Bello e Viola Davis nel ruolo delle due madri.

La trama

Keller (Hugh Jackman) a Lockee (Jake Gyllenhall): " Ogni giorno si chiedrà perché io non sono con lei! Io non lei Detective, non lei! Ma io!"

Hugh Jackman

Maschera umana di straordinaria sofferenza, rende una intepretazione notevole del dolore di un padre e di un uomo di fede che perde ogni certezza, persino su se stesso.

Jake Gyllenhaal

Ancora più bravo di Jackman, la sua prova nei panni del detective, con le sue nevrosi e la sua rabbia per un caso che pare voglia sfuggirgli dalle mani, lo rende il vero protagonista del film.

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