Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
Il film vale pochissimo, scontando, prima che un budget piuttosto basso, una spaventosa carenza d'idee e tristissimi vuoti di sceneggiatura. La tecnica di Vanzina è quella che usava Mario Mattoli con Totò: dato un canovaccio, piazzava la macchina e seguiva il comico nelle sue improvvisazioni. Purtroppo Abatantuono non è Totò e in più la parlata da terrunciello alla lunga stanca un po', anche se le battute divertenti non mancano ("te la prenti con un povero anticappate privo tella vista"). Purtroppo, a parte qualche scorcio dell'abitazione del ras, la Milano del film è già abbastanza da bere, la luce di Kuveiller troppo artificiale per avere qualche pregio sociologico, l'interpretazione piuttosto cinofila (orripilante lo Stephen che interpreta Orson, ma anche Di Francesco è una presenza inutile, che serve solo ad allungare il brodo) e la musica ormai elettronica dei Goblin a tratti insopportabile. Uscito dopo il fiasco di "Attila, flagello di Dio", questo film non riuscì (nemmeno sfruttando la scia del successo dei "Guerrieri della notte") a risollevare Abatantuono da un declino che riuscì a fermare solo cambiando maschera e linguaggio.
Lo sfaccendato capo di una scalcinata banda di guerrieri della notte milanesi s'imbatte in un padre che, sfiduciato dalla polizia, sta cercando la figlia fuggita di casa. La sgangherata indagine darà fortunosamente i frutti sperati.
Il miglior pezzo di questo film: nonstante tutto riesce a far ridere.
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