Regia di Nino Oxilia vedi scheda film
Primordiale opera cinematografica italiana ispirata dal mito di Faust e interpretata, con enfasi, da un'indimenticabile diva del cinema muto.
"Il convegno della giovinezza, intorno alla vecchia signora Alba d'Oltrevita, nel castello dell'illusione": in questa occasione - circondata da giovani sorridenti e da aitanti visitatori, con lineamenti del volto perfetti - l'ormai anziana contessa d'Oltrevita (Lyda Borelli) è pervasa da un'intensa "nostalgia delle cose passate". La festa finisce, la gente se ne va e lei resta sola. Si guarda tristemente in uno specchio, che riflette un volto ormai solcato da rughe. Piange. Invidia Faust che, in conseguenza d'un patto satanico, ha trovato l'eterna giovinezza. Il suo sentimento di abbandono è così forte che da un enorme specchio (forse un quadro) Mefisto si materializza, per fare da tramite, ossia per agire in véce di Satana. Il patto per rendere reversibile l'effetto provocato dal trascorrere degli anni su quel viso un tempo bellissimo e oggi ormai rugoso, prevede che Alba debba rompere una statua, simbolo dell'amore: "Mefisto, rovesciando la clessidra vincerà la legge fatale del tempo", ma la contessa dovrà rinunciare alla passione, fare dunque del suo cuore un pezzo di ghiaccio. Il patto è suggellato, e Alba assume sorridente le fattezze fisiognomiche dei suoi anni migliori. Quando però fa la conoscenza di due fratelli, Sergio e Tristano, "Alba sente confusamente che tutto l'universo è amore, che l'amore è tutto, e il resto solo un'illusione beffarda."
"Col tempo sai
Col tempo tutto se ne va
E ti senti il biancore
Di un cavallo sfiancato
In un letto straniero
Ti senti gelato
Solitario ma in fondo
In pace col mondo
E ti senti tradito
Dagli anni perduti
Allora tu
Col tempo sai non ami più"
(Franco Battiato)
Nino Oxilia tratta una malinconica sceneggiatura (opera di Alberto Fassini, ispirato da una poesia di Fausto Maria Martini), con tatto ed eleganza, affrontando così un eterno dramma (la lotta perduta in partenza tra l'essere umano e il tempo) in maniera còlta e assolutamente raffinata. Nonostante i suoi freschi 26 anni - pochi petali nella personale margherita del tempo - sente profondamente il delicato e romantico tema, e vi si dedica applicando al meglio quel che concede la tecnica dell'epoca. Siamo agli albori del cinema, non esistono carrelli, steadycam o zoom. Le macchine da presa sono mostri pesanti, arcaici e rudimentali oggetti meccanici, piazzati in posizione fissa e irremovibile. La storia quindi si sviluppa per "quadri", in ambienti teatrali e con recitazioni appesantite dal deficit del muto, suddivisa in due atti introdotti da un prologo ed è destinata a sopravvivere, ai loro autori e a tutti i futuri spettatori. Oltre cento anni ci dividono da quel set sul quale andarono in scena temi eterni e - questi sì - immortali: la vecchiaia, l'amore e l'inevitabile morte. Oggi i fantasmi di quegli attori sfilano sotto i nostri occhi, sussurrano in silenzio da quelle melanconiche immagini agitate e scattanti. E sopravviveranno a noi, assieme ai loro tormenti e alle loro effimere gioie, ripresi su una debole (ma efficace e duratura) pellicola fotosensibile. Prima che attori, erano uomini e donne in carne, ossa e anima, destinati a rappresentare un dramma perpetuo, che si ripete sin da quando l'uomo è apparso sul pianeta Terra.
Scenografie maestose, ambienti sontuosi, abiti eleganti: tutto contribuisce a tracciare un ritratto (anche doloroso) di quel momento effimero che è stato. Di quei saloni, quegli interni, quella parvenza di "vita", ora non c'è rimasto materialmente più nulla. Rapsodia satanica, dopo oltre un secolo, attraversa gli occhi per colpire la mente e si pianta con violenza nel cuore: come un urlo di disperazione, al quale non possiamo prestare soccorso, lanciato educatamente da un regista destinato a un infausto destino (muore nel 1917, in campo durante la Prima guerra mondiale, a soli 28 anni).
Restaurato da una copia positiva di prima generazione, colorata a mano, dalla Cineteca del Comune di Bologna, con il contributo della Cineteca italiana di Milano, Rapsodia satanica prima che essere un film è un documento di importanza storica, che ha anche valore di rappresentanza italiana nel panorama cinematografico mondiale degli esordi, essendo a suo tempo circolato in Francia, Germania, Spagna e Portogallo.
Un'imperdibile, per ogni amante del cinema, versione al femminile del Faust diretto nel 1910 da Henri Andréani, David Barnett ed Enrico Guazzoni, che oggi con i nostri glaciali e asettici modi di esprimerci, in gergo americano, definiremmo spin-off.
Alice: “Per quanto tempo è per sempre?”
Bianconiglio: “A volte, solo un secondo”.
(Lewis Carrol)
"Col tempo sai
Col tempo tutto se ne va
Ogni cosa appassisce
Io mi scopro a frugare
In vetrine di morte
Quando il sabato sera
La tenerezza rimane senza compagnia"
(Franco Battiato)
F.P. 17/06/2021 - Versione visionata con didascalie in italiano (durata: 44'37")
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