Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
In questo terzo lungometraggio Stanley Kubrick alza decisamente la posta in palio. Il suo nuovo film è una scommessa al pari della rapina organizzata dall'ex galeotto Johnny Clay nell'ippodromo di Long Island. Un'azzardo mai riuscito prima che può sistemare per sempre lui e tutti gli attori della vicenda: la compagna Fay che l'ha aspettato per anni; l'amico Marvin Unger, allibratore che finanzia l'operazione; Randy Kennan, poliziotto indebitato fino al collo con gli strozzini; George Peatty, pavido cassiere della ricevitoria, sposato con l'avida e fedifraga Sherry; Mike O'Reilly, barista dell'ippodromo, bisogno di soldi per le cure della moglie. Rispetto al precedente "Il bacio dell'assassino", Kubrick delega l'amata fotografia (molto bella) a Lucien Ballard (Il mucchio selvaggio, Hollywood Party) ed il montaggio a Betty Steinberg ma si cura personalmente della sceneggiatura tratta dal romanzo di Lionel White. È la mossa vincente. La storia è accattivante, non priva di ritmo e suspance. I personaggi sono meglio definiti rispetto al precedente film nonostante un minutaggio ancora al di sotto dei canonici novanta minuti. In particolare l'astuta e seducente Sherry Peatty interpretata da Marie Windsor e il pusillanime ma sorprendente marito Charlie (Elisha Cook Jr.), rendono la narrazione intrigante assumendo un ruolo centrale nel racconto. I dialoghi, curati da Jim Thompson, sono ficcanti ed impreziositi da un'ironia che mancava al precedente lavoro del maestro americano. Questa volta Kubrick maneggia con dovizia l'analessi superando le difficoltà del precedente lavoro. Di più: alza l'asticella fronteggiando la struttura del flashback sincronico che gli consente, nei momenti concitati della fase centrale del racconto, di ripercorrere il filo della vicenda seguendo i punti di vista di ciascun personaggio coinvolto nella rapina, a cui si aggiungono altri due uomini assunti rispettivamente per ammazzare il cavallo favorito e per ingaggiare una baruffa che serva a sviare l'attenzione dalla rapina. Successivamente l'intreccio torna a coincidere con la fabula portando lo spettatore dritto dritto verso l'epilogo che ha per mattatore il personaggio interpretato da Starling Hayden.
Ritornano le tematiche trattate in "Il bacio dell'assassino": il destino beffardo e cinico svela il suo scopo nella corsa di un cane che sfugge alle attenzioni della sua padrona; l'ingordigia umana è una valigia a buon mercato ed un sovrapprezzo in cabina che non si vuol pagare. L'equilibrio tra bene e male è un tumulto inarrestabile di biglietti che mulinellano sospinti dal vento in un contrappasso dantesco che detta regole severissime che richiedeno un tributo di sangue. Mentre la sceneggiatura scava nel torbido di una classe sociale inetta proponendo temi complessi da trattare come tradimento carnale, omosessualità, omicidio, Stanley Kubrick vince la sua scommessa mettendo in scena la sua "rapina perfetta" con un cinema più profondo in contenuti e tecnica.
Nel 1956, quando uscì il film nessuno ci guadagnò in termini economici ed i dollari investiti "volarono via" ma Kubrick, come Boris, il lottatore prudente e assennato che si accontenta dell'ingaggio e intanto pianifica l'uscita dal carcere per godersi il guadagno, ne uscì fuori, si "ammaccato", ma pronto a capitalizzare la sua crescente maturazione artistica, frutto dell'egregio lavoro compiuto e degli "scontri" sostenuti per imporre il proprio controllo e la propria visione dell'arte. Non è un caso che una volta uscito dalle "prigioni" hollywoodiane riuscì a firmare i suoi più illustri e imperituri capolavori.
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