Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Johnny Clay è un veterano del crimine che ha deciso di chiudere con il crimine e sposare la sua fidanzata. Ma decide di organizzare un ultimo colpo: rapinare un ippodromo. Ha organizzato tutto meticolosamente, curandone i minimi particolari. Ad agire non sarà da solo ma Clay ha deciso di coinvolgere anche un allibratore alcolizzato, un poliziotto pieno di debiti e due impiegati dell’ippodromo: un cassiere e un barista. Nonostante qualche intoppo il colpo sembra riuscire ma, proprio alle ultime battute accadrà l’imprevedibile.
Quello che apparentemente sembra un banale film d’azione, per mano di Kubrick diventa un noir avvincente. Scombinando la cronologia il regista decide di raccontare la storia in modo non lineare, con diversi e continui salti indietro e in avanti nel tempo, piuttosto che utilizzare la classica consequenzialità temporale del racconto. Grazie all’eccellente lavoro di Lucien Ballard che illumina dall’alto (in tutti i sensi) e alle prove di recitazione a cui gli attori si sottopongono, questo terzo lungometraggio di Stanley Kubrick è un gioiellino assolutamente da recuperare.
Considerata la prima vera produzione del regista, per il budget a sua disposizione, il film possiede un fascino calamitico che ha la capacità di catturare lo spettatore fin dalle prime sequenze e di lasciarlo solo ai titoli di codi, attraversato da un misto di incredulità ed entusiasmo di rara potenza. Anche qui, come nelle due produzioni precedenti, si denota la profonda passione che Kubrick ha per la fotografia che, seppur firmata e gestita da Ballard, giova del contributo del visionario Stanley che continua a regalare spunti riflessivi anche solo osservando attentamente ciò che sembra volerci mostrare.
Come nella più classica delle sinfonie, il talento di Kubrick sembra volersi esprimere poco per volta. Ecco che, ad ogni film che realizza aggiunge un pezzo. Prima la riflessione, poi i sentimenti infine, in questo caso, i personaggi che, per la prima volta, non sono pochi; personaggi che non si limitano solo a mostrare un carattere (o a lasciare intendere di avercelo) ma lo mettono in pratica, diventando finalmente protagonisti della narrazione che prima era la sola e unica vera protagonista.
Insomma piuttosto che “farsi le ossa” con “produzioni minori”, Stanley Kubrick, pellicola dopo pellicola, sembra “solo” volerci garantire di avere talento da vendere, dimostrandolo con ogni messa in scena, ogni artistica inquadratura, di essere molto di più di un semplice regista.
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