Regia di Fritz Lang vedi scheda film
E chi sapeva che il sommo regista FRITZ LANG fece anche un western?! Io l'ho scoperto oggi pomeriggio alla tv e non esito a definirlo uno spettacolo di film. Che non si può perdere.
RANCHO NOTORIOUS (1952)
Che Fritz Lang sia stato un genio del Cinema penso sia condiviso da tutti. Tanti i suoi capolavori, ma mi basta ricordare due titoli veramente immortali - "Metropolis" (muto,1926, fantascienza) e "M, il mostro di Dusseldorf" (1931, thriller/dramma) - cui affiancherei "almeno" i successivi "Furia" (1936, dramma sociale"), "La donna del ritratto" (thriller/noir, 1944) e "Il grande caldo" (1953, noir).
Ma non sospettavo minimamente che avesse affrontato anche il western! Veramente una grande sorpresa per me, quasi come se avessi scoperto che si fosse avvicinato a quel genere l'immenso Chaplin.
Mi raccomando, dunque: non perdetevi assolutamente "Rancho Notorius" (8,1 il punteggio attribuito dal nostro sito), ora che probabilmente passerà anche sulle altre reti televisive, credo dopo una lunga assenza, se non sono stato troppo distratto. Credo di non sbagliarmi, anche perchè vedo che le recensioni su Film Tv (8 positive ed una sufficiente) risalgono tutte a non pochi anni fa (tra il 2008 e il 2013).
Che dire di questo film? Tanto (e assai bene) è già stato detto nelle opinioni che mi hanno preceduto, che vi invito a leggere nella loro interezza, facendo qui mie - procedura anomala, da condivisione - alcune considerazioni da esse tratte:
"Anomalo e movimentato western che tocca i temi cari a Lang, come l'omicidio e la degradazione morale che pende come possibilità su ognuno di noi; ..... la stessa motivazione iniziale (il brutale omicidio della promessa sposa) sfuma a poco a poco finchè l'amore e il rimpianto per la donna sembrano scomparire mentre rimane solo l'odio; ....uso originale del flash back" (taestefano 2008).
"Il nocciolo del film è dunque il tormento interiore di un personaggio costretto a mostrarsi diverso da ciò che è, a fingersi innamorato di una donna che disprezza, a sospettare di tutti quelli che gli stanno intorno, cacciatore e potenziale vittima allo stesso tempo: siamo in un altro film di Lang, insomma." (jonas 2011).
"Il regista cura molto le situazioni e molto meno l'azione e con questo si distingue molto dalle regie di genere; ....storia concentrata sul personaggio femminile, della Dietrich, che dipinge un ruolo femminile innovativo che soltanto poche altre attrici hanno potuto fare, .... forse non se ne è accorta, ma uno dei suoi migliori film." (emmepi8 2011).
"L'inserimento di Marlène Dietrich è esplosivo. ....Da accostare con la Crawford in "Johnny Guitar", ma di due anni successivo, due 'corpi estranei' capaci di elevare ancora di più delle sceneggiature piene di sfumature e tormenti psicologici immersi in luoghi-feticcio non solo del filone, ma dell'intera arte cinematografica; ....La vendetta e la violenza ...sono i temi del film e della ballata, infatti il testo della canzone (di facile comprensione essendo ben pronunciato, ma Chuk-a-luck in italiano suona malissimo!), ha un ruolo narrante fondamentale..." (luca 826, 2012).
"Lang si cimenta in un genere non suo e lo fa proprio. Senza mezzi termini o giri di parole: questo film è genere a sè. C'è tanto del western classico ma si respira un'aria diversa, più leggera nelle inquadrature ed al tempo stesso più tesa nei giochi psicologici tra i vari personaggi. ...un capolavoro di contaminazione. Come sempre Lang sa pilotare i cinque sensi dello spettatore come e dove vuole." (alfatocoferolo 2012).
"Western barocco, sopra le righe, ma allo stesso tempo stringato, dinamico, avvincente, fiammeggiante come i migliori B-Movie, Il risultato complessivo è molto buono, simile al bellissimo Johnny Guitar che ha sicuramente ispirato." (Westerner, 2013).
"...è un insolito e curioso trattato sulla vendetta (tema tipicamente langhiano) ma anche sull'amor fou (assolutamente fuori dal comune). Quasi del tutto privo di gratuita spettacolarità, il film sviluppa dialoghi classici e svelti in brevi scene che sembrano venute fuori da un dramma di camera, con una tensione sotterranea che perdura per tutta la pellicola... e che esplode nelle scene più imprevedibili grazie a un ottimo lavoro di montaggio (quando la Dietrich canta "Get Away"). ...Lang sfata numerosi miti, a partire dal prevalere della virilità..." (EightAndHalf, 2013).
Da parte mia aggiungo soltanto che l'accostamento ai più pregevoli B-Movies mi sembra condivisibile e non certo sminuente: da un lato perchè almeno due dei registi che vi si dedicarono furono grandi Maestri (Andre De Toth e Budd Boetticher), dall'altro per i due interpreti maschili di questo film, non scelti fra i mitici (il sempre affidabile Arthur Kennedy qui in un ruolo per lui inconsueto; e un Mel Ferrer per il quale è inconsueta la stessa partecipazione ad un film western e se la cava proprio bene).
Il Mito c'è ma è femmina: una Marlène Dietrich già cinquantenne il cui fascino è tale da non far apprezzare la differenza di età rispetto ai più giovani partners. E comunque una donna che sia sullo schermo sia nella vita non è mai stata sottomessa ad una presunta superiorità dei maschi, si chiamassero anche Adolf Hitler.
Un'icona, credo, della donna moderna: da ammirare.
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Due curiosità:
1) Fra gli interpreti secondari figura anche Jack Elam, ottimo caratterista, visto in decine di film western.
2) Riguardo al doppiaggio: C'è una ruota, verticale, che viene fatta girare e così si conosce il numero che vince, insomma una vera e propria roulette. Nel doppiaggio italiano diventa "roulotte".
cherubino,
15 marzo 2016
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