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The Green Inferno

Regia di Eli Roth vedi scheda film

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La recensione su The Green Inferno

di maurizio73
4 stelle

Attratta dal fascino del carismatico leader di un'associazione ambientalista, la giovane Justine si lascia coinvolgere nella pericolosa azione dimostrativa che un gruppo di studenti mette in atto contro il disboscamento dell'amazzonia peruviana. Non fa in tempo a rendersi conto di essere stata strumentalizzata, che l'aereo che li riporta a casa precipita nel folto della foresta pluviale, lasciando lei e gli altri sopravvissuti alla mercè di una primitiva e isolata tribù di feroci cannibali.

 

locandina

The Green Inferno (2013): locandina

 

Omaggio dichiarato dello spericolato e tarantiniano Eli Roth alla Cannibal-exploitation di Ruggero Deodato, questo action-adventure dall'anima splatter segue nè più nè meno che il consolidato rapporto del genere con l'esile sottotesto politico a base di ironici contrappassi culturali e con il grand-guignol di un divertimento un pò infantile a base di efferatezze e squartamenti vari che avevano rappresentato il leit-motive vincente tanto del suo esordio nel lungo (Cabin Fever 2002) quanto e soprattutto delle sue due più riuscite prove successive (Hostel 2005 e Hostel II 2007).
Se la cosa più apprezzabile di un'operazione del genere resta la prima componente, legata alla messa alla berlina dei luoghi comuni più retrivi sui pregiudizi che le moderne società civilizzate nutrono sul loro ambiguo rapporto tanto con lo sfruttamento delle risorse naturali (gli smartphone non si creano dal nulla) quanto con le millenarie tradizioni di culture che l'impeto colonialista non è riuscito a spazzare via dalla faccia della terra (l'infibulazione, questa sconosciuta), quello che ne abbassa le velleità sotto il livello di guardia è comunque l'esilità di uno script che utilizza questi contenuti esclusivamente come pretesto per la messa in scena delle solite dinamiche adolescenziali (gli studenti americani non cresceranno mai) ed il loro morboso rapporto con il sesso e con la morte, finendo per dare in pasto ad un target di ragazzini non accompagnati lo spauracchio un pò telefonato delle consuete orge a base di sangue e violenza che ogni horror che si rispetti dovrebbe avere. Costruito nei tre atti più un epilogo (a sorpresa?) che conduce la sua virginale protagonista in una discesa agli inferi (e ritorno) dell'abiezione e della perversione umane, è attraversato dal moralismo un pò grossolano che ci fa vedere l'ipocrita doppiezza dei buoni propositi dell'uomo civilizzato come un orrore ben più sconcertante e pericoloso delle discutibili abitudini alimentari di nativi antropofagi isolati nel folto di un eden verdeggiante e impenetrabile e riproducendo, con un pò di malizia cinefila, la roulette russa a cui prigionieri di guerra alla Michael Cimino sono destinati nella snervante attesa che gli hanno riservato dei carcerieri che sconoscono la Convenzione di Ginevra. Oltre che le membra degli opulenti e ben nutriti studenti americani, ad essere tagliate con l'accetta sembrano anche le esili psicologie di personaggi mossi sempre da un secondo fine (la ragazza che vorrebbe perdere la verginità con il ragazzo carismatico, il grassone che gli va dietro, il leader cinico e spregiudicato, etc.) e le facili scorciatoie di un sentimentalismo a buon mercato che pretende che la irresistibile fame di un antropofago in fasce sia subordinato all'incanto per un ciondolo zufolante. Tra momenti di discutibile gusto e incongruenze un pò risibili (lui che si basturba per combattere lo stress e lei che si taglia la gola per il rimorso di un pasto immondo) ci si trascina verso un finale prevedibile che prelude all'inevitabile (?) sequel. Flagellato dalle vicissitudini di una distribuzione un pò in bolletta è stato proiettato in anteprima alla trentottesima edizione del Toronto International Film Festival 2013. Quando il buon selvaggio pensa che quelli veramente buoni siete voi.

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