Regia di Eli Roth vedi scheda film
Mentre una fetta di addetti ai lavori analizza The Green Inferno con gli stessi (inadeguati) strumenti che utilizzerebbe per un action hollywoodiano e un’altra si chiede se l’omaggio di Eli Roth all’horror cannibalico italiano sia più ispirato a Cannibal Holocaust o a al derivativo Cannibal Ferox (il secondo è la risposta giusta), il film, bloccato distributivamente per un paio d’anni, arriva in Italia con il divieto ai minori di 18 anni per «immagini violente e contenuti espliciti». Ultima trovata di marketing possibile per un’opera che non decolla e latita proprio sotto il profilo del turbamento. Quello di Roth (e di tanti altri citazionisti, privi del talento di Tarantino) continua a essere un cinema di entusiasmi, rimandi e buone intenzioni, mai privo di trovate divertenti, quasi sempre avaro di ritmo, tensione e, nello specifico, dei meccanismi primordiali della paura. L’estenuante prima parte “tratteggia” gli attivisti (all’epoca dei social network) con spirito beffardo, masticando il teen movie come e ancora più che in Hostel, ma trovando lo sbadiglio. Poi un aereo perde quota, i nostri finiscono tra sadici antropofagi che li sezionano e li cuociono sul barbecue. La verginità, anche morale, della protagonista la salva dal martirio, ma gliene promette uno ancora più intenso. Prima della salvezza. E della rimozione, cara al relativismo culturale. Frecciata efficace, che non ne fa un film politico, come a molti piace sostenere, ma solo un horror che non spaventa.
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