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The Green Inferno

Regia di Eli Roth vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su The Green Inferno

di alan smithee
6 stelle

FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA - FUORI CONCORSO

Okay chi meglio di un "inglorious basterd" poteva prendersi carico di risuscitare le trucide atmosfere del cannibal movie, genere nel quale, in un modo o nell'altro Ruggero Deodato rimane direi l'indiscusso (pur se in buona e sconclusionata compagnia di gente spericolata e temeraria alla Joe D'Amato e altri "italici "artigiani dell'arte di arrangiarsi al cinema) punto di riferimento, noto e venduto in tutto il mondo con i suoi incredibili olocausti mangerecci in mezzo alle foreste piu' impenetrabili.  The green inferno tuttavia porta avanti anche altre argomentazioni che appaiono interessanti a completamento della solita storia di massacro e libagione a cui vengono sottoposti innoqui ed ingenui ragazzi, in questo caso dopo essere scampati alla morte dopo uno scontro nei confronti di una organizzazione intenta a sfruttare ettari di foresta vergine per biechi scopi di lucro, e addirittura dopo un disastro aereo non si sa quanto accidentale.

Persi nella giungla, i superstiti vengono immediatamente catturati da una tribù primitiva quasi sconosciuta, mai fotografata se non dai satelliti, e custoditi ad ingrassare come Hansel e Gretel in attesa dell'ora di pranzo. Il filmaccio è tuttavia pure una semiseria riflessione sul potere della rete e della globalizzazione: la possibilità che oggi anche un semplice e poco evoluto cellulare fornisce nel renderti "on line", visibile agli occhi di tutti, puo' essere ed è talvolta o spesso una fastidiosa violazione della privacy,  ma in altre circostanze, come in questo caso, diviene il solo modo per uscirne vivi denunciando al mondo intero una violazione in corso che potrà rivelare senza alcun dubbio le responsabilità del colpevole.

Certo poi i selvaggi faranno tutto il resto e, come in ogni horror che si rispetti, i sopravvissuti si conteranno molto facilmente data l'esiguita' di coloro che sapranno tenersi fuori da squartamenti, mutilazioni e altre trucide pratiche di cucina da campo. Come in ogni produzione alla Eli Roth che si rispetti, non manca anche qui il cattivo dei cattivi, quello subdolo, che agisce per gusto di esserlo, al cui confronto i poveri cannibalini sono solo ragazzi un po' impulsivi, caratteriali e voraci da mettere sotto scacco con un po' di sangue freddo e tanta astuzia. Un finale diabolicamente aperto proprio all'ultimo secondo rivela che il ragazzaccio d'un regista potrebbe, come già avvenuto in Hostel, avere ancora qualcosa da dire al riguardo in un prossimo futuro. Per quel che attiene il pubblico durante le proiezioni romane, le reazioni sono state quasi sempre di smaliziato divertimento, dato che comunque, dopo le prime truculenze ed i primi occhi strappati ed ingoiati come sushi, a lungo andare ci si abitua anche alle più turpi ed esagerate scene di cucina indigena, che una trasmissione ironica come Blog farebbe bene ad intrammezzare alle estenuanti trasmissioni di cucina che invadono senza ritegno ormai tutti i palinsesti televisivi.

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