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Stray Dogs

Regia di Tsai Ming-liang vedi scheda film

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La recensione su Stray Dogs

di ed wood
9 stelle

Qualche decina di magnifici tableax prospettici per dipingere la vita randagia di una famiglia di esclusi dal boom cinese. Tsai fedele a se stesso, al magistero di Antonioni ma anche del Tati di "Playtime" e del Kiarostami di “Sotto gli ulivi”, con evocazioni di Apichatpong nelle sequenze iniziali in mezzo alla natura, setta tono ed ambientazione storico-geografica con un pugno di iniziali campi lunghissimi e decadràge, confondendo i suoi eroi invisibili nella giungla metropolitana fatta di strade trafficate, masse indifferenti, merci colorate ed avariate. C’è un che di documentaristico apparentemente nelle prime battute di quello che pare un freddo reportage sulla Cina contemporanea. Ma presto Tsai stringe l’obiettivo sui protagonisti e al primo close-up è subito brivido: un uomo-sandwich canta una canzone popolare e piange.

 

E’ una delle tre sequenze di pianto di tutto il film, disposte simmetricamente all’inizio, al centro e alla fine. Tutte e tre insieme rappresentano il clou di un film asettico solo in superficie, in realtà percorso da un dolore sommesso, dignitoso, disperato. Dignitoso tranne in un caso, la seconda scena di pianto, sempre del protagonista, che ubriaco distrugge e divora un cavolo colorato per gioco dai suoi due figli, in un isterico momento fra il ridicolo e il tragico in cui si fondono rabbia, pena e crudeltà. Come nel De Sica neorealista, è il dramma di un padre che si vergogna per la vita randagia che è costretto a riservare ai propri figli.

 

Lee Kang-sheng, Lee Yi-Cheng, Lee Yi-Chieh, Lu Yi-Ching

Stray Dogs (2013): Lee Kang-sheng, Lee Yi-Cheng, Lee Yi-Chieh, Lu Yi-Ching

 

A differenza dei grandi capolavori dell’italiano però, il punto di vista qui è esclusivamente quello dell’adulto. Uomo e donna. Infatti, il contraltare del protagonista è una premurosa commessa del supermarket che vaga di notte sotto la pioggia battente a dar da mangiare agli “stray dogs”, fino a quando non incontra gli “stray kids” e li porta in salvo. Un personaggio dolce, materno, solitario, un po’ misterioso, che vive in una oscura casa metaforicamente piena di crepe causate dalle infiltrazioni piovane, lacrime del mondo asciugate sulle case e sui cuori della gente. Un momento questo, in cui il film scivola senza forzature in una dimensione quasi fiabesca, qui sì a misura di bambino. Il piano-sequenza finale, che include la terza e ultima scena di pianto, composto e femminile stavolta, è un compendio di quel cinema della solitudine metropolitana e dell’incomunicabilità con cui si usa etichettare l’opera di Tsai.

 

Lu Yi-Ching, Chen Shiang-chyi

Stray Dogs (2013): Lu Yi-Ching, Chen Shiang-chyi

 

Un film dall’ottimo, sia pur minimale, disegno dei personaggi, in particolare la donna, sorta di provvidenziale angelo quasi spinta da una forza soprannaturale, che ci viene presentata come scrupolosa sul lavoro nel disporre prontamente il ritiro di merce avariata; scenografia, fotografia e sonoro (i personaggi russano e tirano su il naso raffreddati) al top; grande disinvoltura nel fraseggiare dal realismo oggettivo alla metafora (i personaggi che sbucano fuori dagli alberi, sia in campagna sia in città, come cani randagi appunto). Resta un dubbio sul motivo per cui la donna in due occasioni si incanta su quel murales che pare raffigurare un mare o un lago di pietre...forse un’altra metafora?

 

“Stray Dogs” è un’opera di grande valore estetico, mai estetizzante però. La ricerca raffinata sulla composizione dell’immagine, sino ad esiti eleganti e fascinosi, è sempre funzionale ad un discorso sull’alienazione dei personaggi e sul loro stato d’animo; non abbellisce mai la povertà, anzi è una condizione necessaria per denunciarla, esprimendone in modo struggente ed anti-retorico le conseguenze sulla vita delle persone. Una volta di più, si dimostra che il cinema di denuncia e di impegno sociale non può fare a meno della forma per raggiungere il suo scopo.

 

scena

Stray Dogs (2013): scena

 

 

 

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