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Stray Dogs

Regia di Tsai Ming-liang vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Stray Dogs

di myHusky
10 stelle
  • «Questa volta forse volevo intervenire in maniera ancora più radicale sulle modalità di narrazione. Mi spiego meglio: per me ciò che è importante è concentrarmi sulla gestualità, sui gesti quotidiani di questi personaggi, che non veicolano per forza, a priori, informazioni narrative attraverso le proprie azioni. È in questa direzione che avevo voglia di andare.»
  • (Tsai Ming-liang)
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  • Nel degrado e nella miserevolezza di un edificio abbandonato, l'immagine ipnotizza e congela il tempo. La magia dello sguardo rende eterna la fissità dell'inquadratura che, immobile, svela e racconta il senso più profondo della settima arte. Scende un'ultima lacrima e poi si rimane soli, perduti ad osservare la profonda ed ammaliante invariabilità di un grande murale: la proiezione di un mondo ideale. 
  • Tsai Ming-liang ci lascia osservare il suo universo e, silenziosamente, ci chiede di contemplare a fondo la sua penultima creazione. 
  • Stray Dogs destabilizza, smuove le corde più profonde dell'anima e immerge lo spettatore nelle viscere della sua tessitura filmica. L'invito si trasforma in necessità: dobbiamo scrutare, dobbiamo inabissarci tra quelle immagini così tormentate e prolungate.
  • È un doloroso e affascinante dipinto. È un testamento che, attraverso la sua ipnotica persistenza, libera lo sguardo da tutte le moderne costrizioni, oltre la falsità e la pretesa.
  • È la purezza del cinema. 
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  • Lee Yi-Cheng, Lee Yi-Chieh, Chen Shiang-chyi

    Stray Dogs (2013): Lee Yi-Cheng, Lee Yi-Chieh, Chen Shiang-chyi

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  • «Non c'è alcun nesso diretto tra una scena e la scena successiva, quindi si ha la sensazione che non ci sia un inizio né una fine, ma al tempo stesso si percepisce una rottura nell'immediatezza che è molto vitale. Ogni scena è un'azione completa dell'attore e avviene in tempo reale, cogliendo la naturale alternanza di luce e ombra e i cambiamenti dei rumori in sottofondo. Mi piace molto. La struttura dell'intero film non ha né un inizio né una fine.»
  • (Tsai Ming-liang)
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  • I cani randagi di Tsai Ming-liang vivono ai margini della società. La loro disperata ricerca di salvezza li costringe a spostarsi ripetutamente tra le vie di una Taipei sempre più caotica e affollata, a passare i pomeriggi a sorreggere cartelloni pubblicitari e a cercare, per la notte, luoghi riparati nei quali poter riposare. Ed è proprio all'interno di questo contesto che lo sguardo del cineasta taiwanese, seguendo i suoi quattro personaggi, decide di soffermarsi. Ma Jiaoyou (questo il titolo originale) evita, fin dal principio, la narrazione tradizionale e la classica sequenzialità delle scene. Non siamo di fronte ad un vero e proprio racconto e poco importa se, citando l'autore stesso, «la struttura [...] non ha né un inizio né una fine». È infatti la rovinosa condizione umana e sociale, contestualizzata nello spazio e nel tempo, a fare da sfondo alla bellezza e all'incanto delle immagini. Non è dunque casuale la scelta di rendere unica e indipendente ogni inquadratura: la disgrazia e l'alienazione passano nel singolo fotogramma, nella singola immagine che è in grado di comunicare e di meravigliare in maniera indipendente. È tutto lì, dentro lo schermo.
  • La lentezza dei movimenti e dei gesti, la staticità della mdp (quasi sempre immobile) rapiscono l'occhio e invitano ad un'osservazione consapevole e persistente. La comprensione non basta: la visione di Stray Dogs richiede una completa immersione.
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  • «Le rovine fanno da sfondo a tutto il film e sono popolate di cani e di persone. Le persone si comportano come cani e i cani come persone. Sono cani liberi e anche le persone sono libere. Non hanno nulla. E noi allora? Cosa possediamo? Siamo certi di possedere qualcosa? Forse tutti noi non siamo altro che cani randagi.»
  • (Tsai Ming-liang)
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  • Dal basso della società taiwanese, la realtà delle esistenze alienate si mostra in tutta la sua drammatica disperazione. È un urlo silenzioso, uno sguardo doloroso che si realizza nella contemplazione e nell'identificazione con gli stray dogs del cineasta taiwanese. Ma a Ming-liang non interessa la denuncia o lo spunto narrativo per portare lo spettatore a riflettere su una determinata condizione. Stray Dogs mostra infatti tutta la sua forza e la sua innovazione nella profonda autenticità che si nasconde dietro ogni singola inquadratura. È la vera potenza del cinema: la capacità di comunicare attraverso l'immagine e di trasformare la visione in pura esperienza. 
  • Invitati a guardare e a cogliere i dettagli, sperimentiamo l'inevitabile scorrere del tempo e ne percepiamo la sua irreparabilità. E così ogni scena si congela, si cristallizza e, da sola, riesce a ricostituire la nostra percezione e il nostro approccio alla materia filmica. Si pensi, ad esempio, all'ultima sequenza della pellicola (una delle più incredibili che il cinema degli ultimi anni possa ricordare) che, attraverso le sue due lunghissime inquadrature, prova a interpellare ripetutamente il nostro sguardo, chiedendoci di entrare, di andare al di là delle semplici soluzioni narrative per scovare la natura concreta della visione cinematografica: «Sono molto interessato a sapere cosa attraversa la mente dello spettatore di fronte a una scena così. Per me, per un pubblico che abbia una certa esperienza di vita, o comunque di coppia, di vita amorosa, credo che quell’inquadratura debba per forza rievocare molte cose, sulla base delle proprie esperienze.»
  • Jiaoyou spoglia e riveste il cinema secondo le proprie necessità e, lentamente, ci disarma di tutti gli strumenti di comprensione: è un nuovo territorio, un nuovo campo nel quale potersi addentrare.
  • È un nuovo cinema.
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  • Lee Kang-sheng, Lee Yi-Cheng, Lee Yi-Chieh, Lu Yi-Ching

    Stray Dogs (2013): Lee Kang-sheng, Lee Yi-Cheng, Lee Yi-Chieh, Lu Yi-Ching

     
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  • «Nella tradizione del teatro e della pittura cinesi lo spazio è raramente definito nei dettagli. Per esempio, nel teatro d’opera cinese non si realizza praticamente alcun décor: un tavolo, due sedie, e si lascia che il pubblico si figuri il resto, con la propria immaginazione. [...] L’ispirazione visiva propriamente detta mi viene dall’occidente, perché le arti figurative sono un po’ una prerogativa della cultura occidentale. Sono senz’altro stato molto influenzato dalla pittura occidentale.»
  • (Tsai Ming-liang)
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  • L'immagine, in Stray Dogs, è complessa e ammalliante. La composizione è curata nel dettaglio e ogni soluzione è stata pensata per restituire allo spettatore un'esperienza istintiva ma, al tempo stesso, articolata. Si pensi, ad esempio, ai diversi utilizzi delle fonti luminose che aiutano a percepire sfumature e dettagli altrimenti invisibili (i numerosi effetti specchio utilizzati in alcune sequenze), o alla ricorrenza di certi elementi simbolici, come il murale (la possibile proiezione di un mondo ideale nel quale potersi specchiare) che verrà inquadrato due volte e con una durata maggiore rispetto alle altre scene (fatta esclusione della penultima). E, a proposito di simbolismi, è interessante notare come l'autore insista sulle diverse rappresentazioni dell'acqua, una vera e propria fonte oscura alla quale potersi affidare per sperare in un cambiamento: «Ho messo l’acqua, in forma di piccoli laghi, anche all’interno del palazzo in rovina, oltre che filmare la spiaggia e il fiume. Nella scena in cui Lee Kan-sheng prende i suoi bambini e cerca di portarli via in barca è come se cercasse una via di fuga da quella situazione, da quel mondo, affidandosi proprio a quella forza oscura.»
  • La debole presenza delle voci e il suono in presa diretta danno poi la possibilità al cineasta taiwanese di concentrarsi totalmente sull'immagine e sulle sue suggestioni. Non è un caso, a questo proposito, che uno dei dialoghi più significativi del film sia stato girato tenendo i personaggi (e quindi il dialogo) fuori dall'inquadratura e insistendo, invece, sui fatiscenti dettagli del palazzo in rovina («Una casa e come una persona. Si ammala, invecchia. Le crepe nel muro sono come le sue rughe. Ogni casa ha una storia.»). 
  • Al di là dell'ispirazione visiva occidentale (si parla, spesso e volentieri, dell'Antonioni orientale), Ming-liang costruisce la sua opera quadro per quadro e, alla fine della visione, ci rendiamo conto che anche il nostro sguardo ha subito una mutazione. 
  • È un nuovo guardare.
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  • Lu Yi-Ching, Chen Shiang-chyi

    Stray Dogs (2013): Lu Yi-Ching, Chen Shiang-chyi

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  • Il tempo si ferma per un'ultima volta e lo sguardo si riverbera tra le mura del palazzo. Scendono le lacrime. Ci si rende conto, a posteriori, che qualcosa è inevitabilmente cambiato.
  • Con Stray Dogs, Tsai Ming-liang ha scomposto e ricostituito l'approccio alla visione e ha definitivamente riportato il cinema a contatto con l'autentica meraviglia dell'opera d'arte.
  • Nessun limite, nessuna imposizione. Solo la consapevolezza di aver preso parte a qualcosa di profondamente significativo e che difficilmente, nei prossimi anni, potrà trovare degli eguali. 
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