Regia di Carlo Verdone, Luca Verdone vedi scheda film
La migliore intuizione di Carlo e Luca Verdone (quest’ultimo un autentico esperto del saggio cinematografico, dal Neoralismo al Futurismo) è la visita nella residenza di Sordi come se fosse quella di Norma Desmond o di Citizen Kane: i salotti nobiliari affollati di tele del Settecento di rappresentazioni teatrali, la sala personale della rasatura, il piccolo teatro affrescato dove proiettava i film. Le testimonianze sono centellinate, il repertorio essenziale (giustamente: visto che si tratta dell’interprete più antologizzato del cinema italiano), ma efficace a mettere in luce la mobilità delle sopracciglia e delle dita (che sembrano animaletti indipendenti sempre pronti a rizzarsi e flettersi), il basculamento oltraggioso dei fianchi, il bilanciamento nevrotico di tacco e punta dei piedi. Poi, l’arte sovrana dei tempi, quell’alternanza inesauribile di psicomotricità ed esitazioni prolungate allo spasimo: di fronte a un piatto di maccheroni o poco prima di assestare uno dei più celebri ceffoni del nostro cinema, come in Una vita difficile. Rimane il segreto (la vigilanza maniacale del privato, la spietata misoginia e l’autenticità delle sue amicizie femminili, dalla Pagnani alla Mangano, la concezione tribale dei legami familiari). Chi ha scoperto la sua Rosabella? Se lo hanno fatto, Carlo e Luca, hanno mantenuto la consegna. L’atto più profondo, e sincero, della loro dedizione al più popolare attore italiano del Dopoguerra.
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