Regia di Carlo Verdone, Luca Verdone vedi scheda film
La grande villa di Sordi è stata inviolabile per tutto il corso della vita dell’attore. Sacrario della privacy, tempio di un nucleo familiare fondato sul rapporto tra fratelli, apre le proprie porte al pubblico per la prima volta con un Cicerone d’eccezione: Carlo Verdone, che ha preso il testimone di Sordi nel racconto dell’italiano medio (non ne è l’erede ma una evoluzione malincomica), ha dato prova di saper essere un sapiente narratore di luoghi domestici (l’autobiografia La casa sopra ai portici ma anche tutta la sua filmografia spesso dominata dalla “casa”: casa Fantoni in Borotalco, villa Scialoja in Compagni di scuola, le case borghesi da L’amore è eterno finché dura in poi). L’ingresso nell’immensa villa Sordi è l’occasione per riflettere, sovente in modo anche vagamente agiografico, su Sordi stesso, sul quale invero s’è parlato assai (lo stesso attore ha veicolato un autoritratto piuttosto celebrativo con Storia di un italiano), ma contaminando il pubblico col privato imposto dall’esplorazione della dimora. Verdone parla, cammina, spiega con naturalezza e rispetto, intervista uno stuolo di amici, colleghi e studiosi “superstiti” (Scola, Valeri, De Sica, Cardinale, Baudo, Proietti, Rondi, Fofi più i domestici e i collaboratori, alcuni dei quali al centro degli intrighi sull’eredità successivi all’uscita del doc) senza aggiungere niente di nuovo a quel che già conosciamo ma annoiando mai, tra la didattica e l’affetto, pennellando con gusto (le monachelle per strada, la cuoca che racconta i piatti preferiti, le freddure sul matrimonio) e lasciando un senso di assurda inquietudine nel racconto “dentro la villa” (rimozione del sesso, cerimonia dell’aristocrazia borghese, suppellettili di lusso, solitudine latente).
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