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Regia di Nacho Vigalondo vedi scheda film

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La recensione su Open Windows

di OGM
7 stelle

Nacho Vigalondo è tornato. E, in parte, non è più lui. Il suo mondo di fantascienza fatta in casa ha voluto compiere il grande passo, e varcare l’oceano, tecnologizzarsi al massimo, diventare globale. D’altronde i cortocircuiti spaziotemporali del suo lungometraggio d’esordio non potevano non lasciarsi tentare dalle potenzialità di internet, dalle interconnessioni digitali che consentono di muoversi alla velocità della luce, di moltiplicarsi all’istante, di essere ovunque, qui, là, adesso e nel futuro. Si sa che, al giorno d’oggi, basta cliccare un punto dello schermo per creare una nuova dimensione: si apre una finestra, ed ecco che ci scopriamo presenti ed esistenti in un modo diverso, sino ad allora impensato. Siamo spettatori di eventi lontani, e intanto, magari, a nostra insaputa, qualcuno ci guarda, e ci comanda a distanza come tanti robot. La cornice del display di un laptop è un luogo minuscolo, ma già abbastanza complesso da poter sostituire il mondo intero, con le sue storie vere, con quelle inventate sul momento, e con quelle che si costruiscono da sé sfuggendo al nostro controllo. Si piazza la macchina da presa davanti al computer, e il gioco è fatto. Tutto comincia con una semplice webcam, e prosegue correndo a rotta di collo lungo la rete, seguendo un percorso che non conosce limiti, che se ne infischia della logica e della consequenzialità, che ingarbuglia i pensieri violando finanche il principio di identità. Navigare, come un blogger, un hacker, un terrorista cibernetico, o anche come il comune utente di uno smartphone  significa, in fondo, intraprendere un viaggio in maschera, durante il quale si può fingere di essere altro da sé, o essere altrove, o addirittura non esserci. Questo film esplora ognuna di queste possibilità, combinandole a piacere, sul filo di una tensione che fa leva sul nostro voyeurismo da social network, ma che, in questo caso, più ci fa vedere, meno ci fa capire, più ci fa paura. Lo spirito horror di film come Los cronocrímenes o Extraterrestre – o dei cortometraggi come 7:35 de la mañana -  nasce proprio da questa inquietante compenetrazione di familiarità e incomprensibilità: siamo tra di noi, nel nostro ambiente, ci rendiamo perfettamente conto di ciò che ci accade intorno, eppure siamo assediati da un elemento straniante, a causa del quale ci sentiamo completamente tagliati fuori dal senso complessivo della situazione. La vicinanza e la trasparenza non sono sufficienti a spiegarlo: essere informati in tempo reale e ricevere online tutte le risposte non ci rende più intelligenti, né più consapevoli, né meno indifesi di fronte ai possibili enigmi del vivere. Open Windows si diverte a ragionare su queste considerazioni, calandole, ancora una volta, nella materia concreta della immaginazione plausibile, quella che non copia la realtà, ma ne prende gli ingredienti di base, per poi lentamente miscelarli in un composto via via più astruso. In questa dimostrazione pratica di filosofeggiante alchimia, la produzione americana mette la salsa adrenalinica dell’action movie; il regista spagnolo insiste, invece, per inserire, dentro l’impasto dal sapore forte e popolare, il  sofisticato retrogusto dell’arcano metafisico, che ci accoglie nel suo labirinto solo per condurci, con l’incanto, verso la sovrana inestricabilità della matassa. 

Elijah Wood

Open Windows (2014): Elijah Wood

 

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