Regia di Mikkel Nørgaard vedi scheda film
Si può realizzare un poliziesco talmente brutto e inverosimile? Se sì, evidentemente merita lo spoiler. E quindi cominciamo a pochi minuti dalla fine: Uffe (Mikkel Boe Følsgaard) e Merete (Sonja Richter) sono due ragazzini a bordo delle auto guidate dai rispettivi padri. Uno scherzo di lei causa un tragico incidente. Anni dopo Merete viene sequestrata da quel bambino che nel frattempo è cresciuto in un orfanotrofio (il padre è morto, la madre ha perso l'uso degli arti inferiori), è stato abusato e non ha altro desiderio che quello di vendicarsi. Per questo seduce la donna, se la porta a letto e la tiene per anni in una camera iperbarica, in totale isolamento. Un poliziotto dai modi bruschi (Nikolaj Lie Kaas), affiancato da un collega di origini libanesi (Fares Fares) è convinto che il caso della sparizione della donna, archiviato come suicidio, nasconda dell'altro. Si intestardisce e scopre la verità. Salvo prendersi una pallottola in testa non si sa da chi né quando né perché nella scena iniziale del film.
Coprodotto alla tv di stato danese, tratto dal romanzo La donna in gabbia di Jussi Adler-Olsen e interpretato da un attore feticcio di Susanne Bier, Nikolaj Lie Kaas, qui alla sua prova peggiore, Carl Mørck è criptico fin dal sottotitolo italiano (perché i minuti siamo 87 non è dato sapere: non si poteva lasciare la traduzione del titolo originale, La donna nella gabbia, appunto?) a dimostrazione di quanta approssimazione ci sia in tutto il copione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta