Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Un'attrice arriva in ritardo a un provino e trova solo il regista, pronto ad andarsene. Lo costringe a metterla alla prova e lo convince.
Finalmente, il kammerspiel. Dopo il tentativo abortito di Carnage (2011), Polanski gioca di nuovo e meglio la carta del dramma da camera, approfittando di un testo di David Ives incentrato sulla Venere in pelliccia di Leopold von Sacher-Masoch. Il succo del discorso è semplice, semplicissimo: l'arte, che crediamo di dominare, ci domina. Un'attrice e un regista si confrontano durante un provino teatrale e scombinano, invertono, confondono i ruoli di vittima e carnefice, di padrone e servo, di creatore e creazione; la realtà si mescola alla fantasia in maniera tanto efficace che in più momenti nel corso del film lo spettatore è portato a chiedersi se quanto sta vedendo sia parte del copione messo in scena per il provino oppure realtà. La terza evenienza c'è: ed è l'improvvisazione, ottimo suggerimento e interessante - per quanto certo non alle vette dell'originalità - chiave di lettura dell'arte, del teatro, del cinema stesso. Polanski ha ormai ottant'anni (classe 1933) ed è certo comprensibile la sua tensione verso un cinema intellettuale, di parola e di pensiero, dove l'azione ha scarsa importanza e le riprese possono basarsi su criteri tecnicamente spicci (due personaggi e una scena soltanto, pochi movimenti di macchina), ma esteticamente di alto valore (l'occhio del regista rimane comunque fondamentale: trasformare in un disastro un testo di questo tipo è molto facile). Non è altrettanto condivisibile invece la scelta della compagna, Emmanuelle Seigner, come protagonista femminile; il suo cumulo di smorfie, faccette buffe e occhi lessi (minati da pesante strabismo, per di più) da gatta morta sulle prime mettono simpatia, ma - non variando di una virgola - nel corso di novanta minuti trovano tutto il modo di farsi detestare. Brava, ma limitata per una parte di questo calibro: cosa che abbassa di parecchio il valore complessivo del film. Molto meglio l'altro interprete, Mathieu Amalric, per quanto il suo personaggio risulti meno vivace, meno versatile. 4,5/10.
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