Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Raffinata rappresentazione di un trasformismo sado-masochista in un "carnage" all'europea intriso di sensualità e perversione.
Recitazione ottima. Solo due attori per due personaggi stupendi che accalappiano lo spettatore senza mai distoglierlo dal piccolo spazio in cui si svolge la scena. E’ il Roman Polanski di Carnage nello stile, nella accuratezza della recitazione, nella scelta di dialoghi incalzanti e continui, ora concilianti ed ora sferzanti e dolorosi come sciabolate per una nuova carneficina; ma non è l’ambiente di Carnage, non ne riflette la cultura, non ricalca il messaggio dei benpensanti della medio-borghesia americana; esso é frutto di una cultura europea e simbolo di un mondo interiore che non vuole misurarsi con i problemi del quotidiano. In questo film il personaggio di Vanda si trasforma man mano da volgare attricetta in una surreale dea Venere che, dopo aver rubato la scena all'autore, diventa essa stessa regista e ne reinterpreta il contenuto alla luce del femminismo schiacciante e finemente vendicativo della società moderna. Il rapporto uomo/donna è riproposto con una inversione dei ruoli ed il maschio, vittima della sua stessa perversione (il masochismo sessuale dell’originale romanzo di Leopold von Sacher-Masoch del 1870 a cui si è ispirato David Ives, autore della piece teatrale del 2010 da cui è tratto il film), finisce per arrendersi al sospetto incalzante di una propria omosessualità latente e, persa l'illusione di uno stato di sublimazione del proprio piacere, piange e si dispera nell’amara constatazione di essere alla mercé del più totale potere della dea. Verso la fine emerge forse l’unico neo del film, quando cioè il regista, più volte sul punto di rivelare la trasformazione in atto della protagonista, ha dei ripensamenti e le rimette la maschera. Lo spettatore resta perciò disorientato e la sorpresa finale perde di efficacia.
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