Regia di Roman Polanski vedi scheda film
dice bene il canova quando spiega del manifesto pop del film, ma sin dalle prime immagini si capisce come andrà a finire. ricorda un pò quel film scomparso dai palinsesti di ken russell che tanto mi piacque sulla rappresentazione della salomè wilde-iana in un troiaio con la mitica glenda jackson che interpreta colei che interpreta erodiade: "io non voglio che mia figlia danzi....", ma anche per certi versi "l'inquilino del terzo piano" se non altro per il fatto che amalric ricorda fisicamente e scenicamente il polanski di quel suo lontano film. la vanda jourdain di una mai così in parte e tiratissima emmanuelle seigner sa già esattamente cosa andrà a fare quando varca i vari portoni del teatro dopo aver attraversato quel viale sotto un'acquazzone torrenziale, manco fosse uno spirito errabondo tipo nomads o giù di lì, e il thomas novacek(o giù di lì) se ne accorge ma è troppo preso dalle problematiche del dover mettere in scena il suo adattamento. prima regia, ma sembra saperne dannatamente meno di quella coatta francese, che maneggia le luci manco fossero pennellini per darsi lo smalto, quando va dietro la consolle a dare la sua idea di luci per la scena che devono provinare per il ruolo di vanda. il film andrebbe visto rigorosamente in lingua sottotitolato perchè i due sono bravi e poi sfrucugliare le loro pernacchiette, le alzate di spalle e i loro "oulalà" è sempre molto bello da sentire. certo non è facile perchè il film è molto parlato e spesso bisogna scegliere se leggere o seguire le espressioni confidando nel poco francese che ho studiato a scuola e che a volte, di tanto in tanto aiuta ancora. perchè il "dramma da camera" è fine di scrittura così come le recitazioni dei due mattatori e tagliente come promette la strafottenza profusa da vanda per contrastare la diffidenza intelluttaloide dell'adattatore(manco fosse una spina per l'estero) esausto di provinare giovane cretine vestite da puttane. invece vanda che più così giovane non è, è si vestita da puttana, ma poi dalle due borsone da lavoro estrapola dei vestiti comprati al marche aux puces che lasciano basito thomas, soprattutto la giacca per severin che l'etichetta interna racconta essere proprio del 186..... "pagata 40 euro aux puces" sbruffa sbrigativamente la donna. è un gioco di seduzione sottile e impercettibile che si gioca attraverso il gioco della recitazione e thomas se ne avvede di tanto in tanto, ma vanda è brava nel sviarlo con provocazioni gratuite e banali sul testo e l'adattamento, salvo poi provargli di quanto lei avesse ragione delle sue argomentazioni. un tacco a spillo che frantuma senza pietà un paio di occhiali da vista, il rosso della passione che sovrasta il nero dell'animo umano pronto a rendersi schiavo per darsi all'oggetto della propria passione-oppressione. picchiami e sarò tuo. "sposami" intima severin a vanda, ma già questo è un ordine al quale la donna non desidera sottomettersi. non è sesso, non è l'eiaculazione, è un interminabile viaggio verso entrambi passando prima attraverso indicibili piaceri causati dal dolore. dolore fisico, dolore emotivo, la promessa, la mancanza , l'attesa e la disattesa. il tutto attraverso il sapiente senso dello humour di un fresco ottantenne e che la scena finale esemplifica in pieno.
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